Un ricordo di Cesare Pavese

la copertina di "La luna e i falò" (1950) nell'edizione Einaudi (collana "Super ET") del 2014 la copertina di "La luna e i falò" (1950) nell'edizione Einaudi (collana "Super ET") del 2014
Settant’anni fa moriva a Torino il grande scrittore, traduttore, critico letterario e poeta piemontese, autore di “Il mestiere di vivere”, “La bella estate”, “La letteratura americana e altri saggi”, “La luna e i falò”.

Nato nel settembre 1908 a Santo Stefano Belbo - un paesino delle Langhe in provincia di Cuneo -  dove trascorreva le estati con la famiglia piccolo-borghese benestante che vive abitualmente a Torino,  dove il padre è cancelliere al Palazzo di Giustizia - vive un’infanzia molto triste (tre figli muoiono prematuramente, il padre viene a mancare quando lui ha cinque anni, la madre alleva lui e la sorella con carattere autoritario, e tutto ciò contribuisce ad accentuare il suo carattere chiuso ed introverso).

Fa i suoi studi a Torino, frequenta il liceo classico e si laurea in Lettere. Nel frattempo scrive alcune liriche e studia l’inglese con grande interesse per la letteratura americana, leggendo soprattutto Sherwood Anderson, Sinclair Lewis e Walt Whitman, sulla cui poesia scrive la sua tesi di laurea (Interpretazione della poesia di Walt Whitman. Tesi di laurea, - 1930, pubblicata nel 2006 in mille copie numerate), ma anche Ernest Hemingway, Lee Masters, Cummings, Lowell e la Stein. È allievo di Augusto Monti ed amico di vari intellettuali antifascisti (Norberto Bobbio, Giulio Einaudi, Leone Ginzburg, Massimo Mila, Giaime Pintor).

Continua a scrivere versi e traduce  - per l’editore  Bemporad -  Our Mr. Wrenn di Sinclair Lewis  sul quale scrive anche il suo primo saggio per la rivista «La Cultura», dando così inizio alla serie detta “Americana”.

Per guadagnarsi da vivere avvia l’attività di traduttore di classici della letteratura americana - che continuerà fino al ’47 - insieme a quella di insegnante di inglese sia nelle scuole sia per lezioni private.

Fra il ’31 e il ’32 scrive una serie di racconti e poesie con il titolo Ciau Masino, che verrà pubblicato per la prima volta oltre trentacinque anni dopo - nel ’68 - nel primo volume dei Racconti delle “Opere di Cesare Pavese”.

Nel ’33 Giulio Einaudi fonda a Torino la casa editrice omonima ed ingloba le due riviste «La riforma sociale» di Luigi Einaudi e «La Cultura» di Cesare De Lollis, dando vita ad una nuova «La Cultura» che Pavese verrà chiamato a dirigere  nel ’34,  curando la sezione etnologia; con il sostegno di L. Ginzburg, invia ad Alberto Carocci, direttore della rivista «Solaria» a Firenze , la raccolta poetica Lavorare stanca, che verrà pubblicata nel ’36 grazie al parere positivo di Elio Vittorini. In tale opera, che passa quasi inosservata, proietta quelli che saranno i suoi temi fondamentali: la ricerca di contatti umani, la contrapposizione fra la realtà rurale alla meccanicità e la solitudine della vita cittadina, il pensiero della morte. L’espressione va verso lo stile narrativo, ed infatti seguiranno racconti improntati ad un realismo di influenza verghiana ed anche della letteratura americana, ma che ha le sue radici nell’amore per la sua terra - il Piemonte - soprattutto nelle espressioni della gente semplice, contadini ed operai. Un realismo a tratti pervaso dall’ispirazione poetica di una personalità complessa, sempre sul baratro del pessimismo ed attratta dal pensiero della morte.

Nel ’35 abbandona la Einaudi con l’obiettivo di affrontare il concorso per l’insegnamento, ma, sospettato di far parte del gruppo di intellettuali di “Giustizia e libertà” ed accusato di antifascismo, viene arrestato e condannato a tre anni di confino a Brancaleone Calabro (RC). In seguito alla domanda di grazia ne sconterà solo uno. Dal confino scriverà ad Augusto Monti di quanto conduca una vita quasi inutile, noiosa e senza scopo, cercando di studiare e scrivendo lo “zibaldone”, un diario che diventerà in seguito Il mestiere di vivere. Diario 1935-1950 (pubblicato nel 1951), in sostanza il duro resoconto di opere, dolori fallimenti e delusioni della sua vita.

Tornato dal confino, riprende l’attività di traduttore, tornando alla Einaudi e collaborando alle collane “Narratori stranieri tradotti” e “Biblioteca di cultura storica”.

In questi anni scrive alcuni fra i racconti che verranno pubblicati postumi nella raccolta Notte di festa (1953) ed in seguito in I racconti (1960) e, fra l’autunno del ’36 e la primavera del ’39, termina il suo primo romanzo breve tratto dall'esperienza del confino ed intitolato Il carcere (il primo titolo era Memorie di due stagioni), che verrà pubblicato solo nel ’48 insieme a La casa in collina -  scritto nel ’47 - in Prima che il gallo canti, per cui riceve gli elogi di Emilio Cecchi e di Giuseppe De Robertis.

Nel ’40 conosce la futura traduttrice Fernanda Pivano, all’epoca brillante studentessa universitaria, alla quale dedica alcune poesie che inserirà nella nuova edizione di Lavorare stanca e che rimarrà sua amica per molti anni. Scrive La bella estate (il primo titolo era La tenda), che verrà pubblicato nel ’49 nel volume dal titolo omonimo insieme ai romanzi brevi Il diavolo sulle colline e Tra donne sole, scritti fra il ’48 ed il ’49.

Fra il ’40 ed il ’41 scrive La spiaggia, pubblicato nel ’41 in Lettere d’oggi.

Paesi tuoi (1941) è il suo esordio nella narrativa. La critica si accorge di lui e verrà assunto stabilmente dalla Einaudi.

Nel ’43, dopo l’8 settembre, non partecipa alla lotta alla quale aderiscono i suoi amici intellettuali - alcuni andranno incontro ad tragica fine in carcere, come Leone Ginzburg o combattendo - e fugge rifugiandosi in un paese del Monferrato in cui sfollata sua sorella e dove fa amicizia con il conte Carlo Grillo, che diventerà il protagonista di Il diavolo sulle colline.

Dopo la guerra, forse turbato e colto da un certo rimorso - espresso nel poemetto La terra e la morte (1947) - decide di iscriversi al Partito Comunista dichiarando: «Ho finalmente regolato la mia posizione». Secondo il suo amico Lajolo, con quel gesto voleva impegnarsi per riscattare la sua precedente assenza nel periodo della lotta. Comincia a collaborare con «l’Unità», dove conosce Italo Calvino (1923-1985), che lo seguirà alla Einaudi e diventerà uno fra i suoi principali collaboratori.

Nel ’45 viene inviato a Roma dalla Einaudi con l’incarico di rafforzare la sede romana, ma tale periodo viene vissuto da Pavese come un esilio che, lontano dal suo ambiente torinese - sia umano sia politico - accentua la sua sempre latente depressione. A Roma, nel ’46 conosce Bianca Garufi, con la quale comincia a scrivere un romanzo che rimarrà incompiuto e verrà pubblicato - da Einaudi - solo nel ’59 con il titolo Fuoco grande.

Tornato a Torino, nel’47 svolge un’intensa attività, dedicandosi a vari progetti e scrivendo I dialoghi con  Leucò. Nell’autunno dello stesso anno, ad ulteriore conferma e dimostrazione del suo impegno per la scelta politica fatta, scrive Il compagno, con cui vince il Premio Salento. Inoltre si interessa particolarmente alla Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici che aveva ideato con la collaborazione del grande antropologo Ernesto De Martino,  una collana significativa per far conoscere al mondo culturale italiano le opere di autori come Lévy-Bruhl, Malinowski, Propp, Frobenius, Jung, e che avrebbero dato avvio a nuove teorie antropologiche.

Nel 1949 torna per un breve periodo a Santo Stefano Belbo e scrive La luna e i falò, la sua ultima opera, che verrà pubblicata nella primavera del ’50. Nello stesso anno (1950) vince il Premio Strega con La bella  estate.

In quest’ultimo periodo, sempre più amareggiato e disilluso per non essere riuscito ad avere una famiglia per via della serie di rifiuti ricevuti dalle donne che aveva amato nel corso della sua vita, con la depressione che diviene sempre più profonda, si avvia a grandi passi al drammatico epilogo. Il 18 agosto scrive nel suo diario: «Questo il consuntivo dell'anno non finito, che non finirò [...]. Non scriverò più».

Pochi giorni dopo, il 27 agosto, muore suicida in una camera dell’albergo Roma in piazza Carlo Felice a Torino. Aveva quarantuno anni.

Parte delle sue opere verrà pubblicata postuma; per la poesia Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (Einaudi, Torino 1951) dedicata all’ultimo suo amore non corrisposto (Constance Dowling, sorella di Doris Dowling, la quale aveva avuto un ruolo in Riso amaro - 1949 -  di Giuseppe De Santis, con Silvana Mangano, Raf Vallone e Vittorio Gassman) , Poesie del disamore ed altre poesie  disperse (Einaudi, 1962), Poesie edite e inedite (Einaudi, 1962) a cura di Italo Calvino, Poesie giovanili 1923-1930 (Einaudi, 1989); per la saggistica La letteratura americana ed altri saggi (Einaudi, 1951) e, a cura di Mariarosa Masoero, Dodici giorni al mare. [Un diario inedito del 1922] (Galata, Genova 2008) e Il quaderno del confino (Edizioni dell’Orso, Alessandria 2010); gli epistolari  Lettere 1924-1944 (Einaudi, 1966)  a cura di Lorenzo Mondo, Lettere 1945-1950 (Einaudi, 1966) a cura di Italo Calvino, Vita attraverso le lettere (Einaudi, 1973),  a cura di Lorenzo Mondo, La collana viola. Lettere 1945-1950 (Bollati Boringhieri, Torino 1991), a cura di Pietro Angelini, Officina Einaudi. Lettere editoriali 1940-1950 (Einaudi, 2008), a cura di Silvia Savioli, Lettere a Ludovica [Nagel] (Archinto, Milano 2008) a cura di Carlo Ginzburg, «A Meeting of minds». Carteggio (1947-1950) (Edizioni dell’Orso, 2010), a cura di Silvia Savioli, Una bellissima  coppia discorde. Il carteggio tra Cesare Pavese e Bianca Garufi 1945-1950 (Olschki, Firenze 2010), a cura di Mariarosa Masoero; le sceneggiature Il diavolo sulle colline; Gioventù crudele, in «Cinema Nuovo», settembre-ottobre 1959 e Il serpente e la colomba. Scritti e soggetti cinematografici (Einaudi, 2009), a cura di Mariarosa Masoero, introduzione di Lorenzo Ventavoli.

Nel corso della sua intensa attività di traduttore, ricordiamo Moby Dick di Herman Melville (Frassinelli, Torino 1932; Frassinelli, 1941; Adelphi, 1987), Riso nero di Sherwood Anderson (Frassinelli, 1932), Dedalus. Ritratto dell’artista da giovane di James Joyce (Frassinelli, 1933), Il 42° parallelo di John Dos Passos (Mondadori, Milano 1934), Un mucchio di quattrini di J. Dos Passos (Mondadori, 1938), Uomini e topi di John Steinbeck (Bompiani, Milano 1938), Autobiografia di Alice Toklas di Gertrude Stein (Einaudi, Torino 1938), Fortune e sfortune della  famosa Moll Flanders di Daniel Defoe (Einaudi, 1938), David Copperfield di Charles Dickens (Einaudi, 1939), La formazione dell’unità europea. Dal secolo V al secolo XI di Christopher Dawson (Einaudi, 1939), La rivoluzione inglese del 1688-89 di George Macaulay Trevelyan (Einaudi, 1940), Benito Cereno di H. Melville (Einaudi, 1940), Tre esistenze di G. Stein (Einaudi, 1940), Il cavallo di Troia di Christopher Morley (Bompiani, 1941), Il borgo di William Faulkner (Mondadori, 1942), Capitano Smith di Robert Henriques (Einaudi, 1947), La Teogonia di Esiodo e Tre inni omerici, a cura di Attilio Dughera (Einaudi, 1982 - traduzione del 1947-48), Prometeo slegato di Percy Bysshe Shelley, a cura di Mark Pietralunga (Einaudi, 1997), Le Odi di Quinto Orazio Flacco, a cura di Giovanni Barberi Squarotti (Olschki, Firenze 2013), Amor fati. Pavese  all’ombra di Nietzche. La volontà di potenza nella traduzione di Cesare Pavese di Francesca Belviso, a cura di Angelo D’Orsi (Aragno, Torino 2016).

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.