“Una strage semplice” di Nando dalla Chiesa a 25 anni da Capaci e via D’Amelio

«E a Capaci il 23 di maggio fu l’inferno. Da Roma e da Ciampino avvisarono, a Palermo seppero. La mafia che appare muta fa volare la parola attraverso i muri, i popoli e gli oceani. Ricordiamo tutti come andò. L’atterraggio, l’avvistamento, l’annuncio, l’appostamento, la partenza, i mozziconi a mucchi sulla montagna, la piccola colonna di auto, i primi chilometri, nuovi mozziconi, l’attesa, l’apparizione, il giudice al volante, il boato, la terra che si fa cielo, l’Italia che cambia la sua storia».
(Nando dalla Chiesa, Una strage semplice, Melampo Editore, Milano 2017)
«Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana».
(Giovanni Falcone)
«Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non piace per poterlo cambiare».
(Paolo Borsellino)
«L’ottimismo è una forza vitale, la forza di sperare quando gli altri si rassegnano, la forza di tenere alta la testa… una forza che non lascia il futuro agli avversari, ma lo rivendica per sé».
(Dietrich Bonhoeffer)
Capaci e la sua prosecuzione, via D’Amelio. Una strage in due tempi. Quando il Paese sembrava impazzire. Quando Milano osannava i giudici, mentre a Palermo, negli stessi mesi, terribili immagini di guerra raccontavano del loro massacro. Due Italie apparentemente lontane fra loro, ma in realtà, come efficacemente illustrato nel libro di Nando dalla Chiesa, segretamente vicine. Quella che portò all’assassinio di Giovanni Falcone (1939-1992) prima e di Paolo Borsellino (1940-1992) poi fu una “strage semplice”, frutto di una logica drammaticamente “lineare”.
Una “logica” che vide convergere Sud e Nord, politica ed economia. Una logica che prese il via già negli anni Sessanta e Settanta (a tal riguardo, ricordiamo libri di Leonardo Sciascia quali A ciascuno il suo, Il giorno della civetta, Il contesto, Todo Modo, ed i film di Elio Petri, Damiano Damiani e Francesco Rosi - A ciascuno il suo, 1967, Todo Modo, 1976, Il giorno della civetta, 1968, Cadaveri eccellenti, 1976 - che ne furono tratti), accelerò improvvisamente all’inizio degli anni Ottanta per conto della mafia di Palermo, e giunse all’”appuntamento” di un decennio dopo in rappresentanza delle ostilità di un intero sistema illegale.
Su tutto, l’incubo che il magistrato più odiato e temuto da cosa nostra potesse arrivare a guidare una struttura nazionale di indagini da lui ideata e colpire i rapporti - costantemente crescenti - fra gruppi imprenditoriali e capitalismo mafioso, fra mafia e appalti (in epoche precedenti agli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, impossibile non ricordare l’assassinio di Bruno Caccia, avvenuto a Torino nel giugno 1983 per via delle indagini che il magistrato stava svolgendo relativamente a connessioni fra alcuni imprenditori piemontesi e la ‘ndrangheta calabrese), fra criminalità finanziarie e coperture
« […] Ecco perché, forse, ripensandoci, quando Caponnetto dice “cominciò a morire nel gennaio del 1988” aveva proprio ragione, anche con riferimento all’esito di questa lotta che egli fece soprattutto per potere continuare a lavorare. Poi possono essere avanzate tutte le critiche, se avanzate in buona fede e se avanzate riconoscendo questo intento di Giovanni Falcone, si può anche dire che si prestò alla creazione di uno strumento che poteva mettere in pericolo l’indipendenza della magistratura, si può anche dire che per creare questo strumento egli si avvicinò troppo al potere politico, ma quello che non si può contestare è che Giovanni Falcone in questa sua breve, brevissima esperienza ministeriale lavorò soprattutto per potere al più presto continuare, ritornare a fare il magistrato. Ed è questo che gli è stato impedito, perché è questo che faceva paura».
(estratto finale dell’intervento di Paolo Borsellino Quando Giovanni incominciò a morire - suo ultimo intervento pubblico - presso la Biblioteca comunale di Casa Professa - a Palermo - del 25 giugno 1992)
Una strage semplice ricostruisce il contesto in cui tutto ciò avvenne, con l’obiettivo fondamentale di andare al di là della retorica ed oltre il mistero.
Nando dalla Chiesa (Firenze, 1949), figlio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa (1920 -1982), assassinato dalla mafia il 3 settembre 1982, è professore ordinario di Sociologia della criminalità organizzata presso l’Università di Milano, di cui dirige anche l’Osservatorio sulla criminalità organizzata. Presidente onorario dell’associazione “Libera” e presidente della Scuola di formazione “Antonino Caponnetto”, è editorialista de “il Fatto Quotidiano”. Ha scritto numerosi libri di analisi e di denuncia dei fenomeni mafiosi. Per Melampo, oltre ad aver curato e scritto l’introduzione ad una nuova edizione (2014) della Questione meridionale di Antonio Gramsci (del quale nell’aprile 2017 ricorreva l’ottantesimo anniversario della morte), ha pubblicato La fantastica storia di Silvio Berlusconi (2004), Vota Silviolo! (2005), Quattro a tre (2006), Le ribelli (2006), Delitto imperfetto (2007), Poliziotta per amore (2010), La convergenza. Mafia e politica nella Seconda Repubblica (2010), Lo statista. Francesco Cossiga, promemoria su un presidente eversivo (2011), I fiori dell’oleandro (2014), L’assalto al cielo (2016), scritto insieme a Gianni Barbacetto. Ha inoltre scritto un intervento (gli altri sono di N. Mancino, V. Onida, A. Spataro, R. Zaccaria) per Di sana e robusta Costituzione, come è come la vorrebbero (2005), la prefazione a Regione straniera (2008) di Giuseppe Civati, l’introduzione a I boss di Chinatown (2008) di Giampiero Rosi e Simone Spina, Mafia a Milano (2011) di Mario Portanova, Giampiero Rossi e Franco Stefanoni, La scelta di Lea (2013) di Marika Demaria.
Una strage semplice, pubblicato da Melampo Editore (realizzazione editoriale: Paola Murru; grafica di copertina e impaginazione: Veronica Bonalumi), è disponibile in libreria e online a partire da maggio 2017.
Alessandro Poggiani
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