Uscito “Il cinema secondo Orson Welles” di Peter Bogdanovich

"Orson Welles è un gigante col volto di un bambino, un albero pieno di uccelli e ombre, un cane che si è liberato dalle catene ed è corso a dormire nell'aiuola. Un vivace perdigiorno, un folle saggio, una solitudine circondata di umanità".
Così Jean Cocteau definì Orson Welles, l’artista più dirompente dall’avvento del cinema sonoro. A ventitré anni sconvolge l’America annunciando alla radio (con il celeberrimo La guerra dei mondi) l’invasione della Terra da parte di creature aliene venute da Marte. A ventisei, con un capolavoro come Citizen Kane (Quarto potere - 1941), fra l’altro ancora oggi considerato (insieme ai successivi L’asso nella manica - 1951 - di Billy Wilder, L’ultima minaccia - 1952 - di Richard Brooks, Un volto nella folla - 1957 - di Elia Kazan, Prima pagina - 1974 - di Billy Wilder, Quinto potere - 1976 - di Sidney Lumet, e Tutti gli uomini del Presidente - 1976 – di Alan J. Pakula) come uno fra i migliori film americani sul giornalismo mai realizzati, riscrive la grammatica filmica imponendo tecniche come la profondità di campo, il long-take e il piano sequenza.
Da allora la sua carriera sarà un’ incessante lotta fra un talento artistico smisurato e le asfissianti logiche dell’industria cinematografica. Notevolmente - e drammaticamente - in anticipo sui tempi, vivrà il resto della sua vita “affacciato su un precipizio”. Da una parte la “vertigine” dell’arte, il “demone” della recitazione, la forza oscura delle abbaglianti sequenze dei suoi film; dall’altra compromessi, i ruoli modesti e svilenti accettati per finanziare i suoi capolavori, gli spettri della depressione, dell’alcol, del fallimento professionale e umano.
In mezzo a tutto ciò troviamo film e opere teatrali che vibrano della potenza dei grandi classici (ricordiamo L’ Orgoglio degli Amberson - 1942 - Lo straniero - 1946 - La signora di Shanghai - 1947 -, Macbeth - 1948 -, Otello - 1952 -, L’infernale Quinlan - 1958 -, Il processo - 1962 -, tratto dall’omonimo libro di Franz Kafka, Falstaff - 1966 -, F for Fake - 1973), e performance attoriali di altissimo livello anche in film diretti da altri registi (Terrore sul Mar Nero - 1943 -, La porta proibita - 1944 - di Robert Stevenson - Il terzo uomo - 1949 - di Carol Reed, in cui lavora con Joseph Cotten - che aveva già diretto due volte nei già citati Quarto potere e L’orgoglio degli Amberson - Il principe delle volpi - 1949 - di Henry King -, La rosa nera - 1950 - di Henry Hathaway, Moby Dick, la balena bianca - 1956 - di John Huston, tratto dall’omonimo libro di Herman Melville e interpretato da un bravissimo Gregory Peck, il western La tragedia del Rio Grande - 1957 - di Jack Arnold, La lunga estate calda - 1958 - di Martin Ritt, in cui lavora con il giovane Paul Newman, Frenesia del delitto - 1959 - di Richard Fleischer, Passaggio a Hong Kong - 1959 - di Lewis Gilbert, La battaglia di Austerlitz - 1960 - di Abel Gance, La ricotta - 1963 - di Pier Paolo Pasolini, episodio di RoGoPaG di Roberto Rossellini, Jean-Luc Godard, P. P. Pasolini e Ugo Gregoretti, Parigi brucia? - 1966 - di René Clement, Un uomo per tutte le stagioni - 1967 - di Fred Zinnemann, Il marinaio del Gibilterra - 1967 - di Tony Richardson, La battaglia della Neretva - 1969 - di Veljko Bulajic, Lettera al Cremlino - 1970 - di J. Huston)
Un pomeriggio del ‘68, è proprio Orson Welles a telefonare al giovane Peter Bogdanovich (il quale, in quello stesso anno, esordiva alla regia con Targets - Bersagli -, l’ultima grande prova di Boris Karloff) per chiedergli di scrivere insieme un libro-intervista a cui avrebbe affidato la sua verità e il suo riscatto. Nascerà così Il cinema secondo Orson Welles.
Durante i loro colloqui, che proseguiranno nei successivi otto anni fra Parigi, Los Angeles, New York, Roma e molte altre città, Orson Welles racconterà per intero la propria carriera, confessando con ironia e disincanto se stesso, la vita trascorsa girovagando da un set all’altro, lo sconfinato amore per il cinema. Il vivido e divertito sguardo di Orson Welles, l’odore dei sigari che fumava continuamente, la sua vorace imponenza rivivono in un libro che si affianca al già citato Il Cinema secondo Hitchcock di François Truffaut (nel catalogo del Saggiatore troviamo anche altri quattro titoli direttamente connessi ad Alfred Hitchcock: Rebecca di Daphne du Maurier, da cui fu tratto Rebecca - La prima moglie - 1940 -, interpretato da Joan Fontaine, Laurence Olivier e Judith Anderson; Io ti salverò di Frances Beeding, portato al cinema con l’omonimo film del ’45 con Ingrid Bergman, Gregory Peck, Leo G. Carroll e Michail Cechov; Psyco di Robert Bloch, da cui fu tratto l’omonimo e già citato film del ’60 interpretato da Anthony Perkins, Janet Leigh, Vera Miles e Martin Balsam; Marnie di Winston Graham, portato al cinema con l’omonimo film del ’64 con Tippi Hedren, Sean Connery e Diane Baker) per la capacità di far rivivere il cinema attraverso la viva e insostituibile voce dei suoi maestri. E di narrare la vicenda di un regista rivoluzionario e impetuoso, in grado di rompere le regole del dramma fondendo lo sguardo sul contemporaneo di Bertolt Brecht con l’arte senza tempo di William Shakespeare.
Il cinema secondo Orson Welles, pubblicato dal Saggiatore nella collana “La Cultura”, a cura di Jonathan Rosenbaum, con una nuova introduzione di Peter Bogdanovich (non presente nell'edizione degli anni Novanta pubblicata da Baldini & Castoldi con il titolo Io, Orson Welles), e con la traduzione di Roberto Buffagni, è disponibile in libreria e online a partire dal 29 settembre 2016.
Alessandro Poggiani
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