De Architectura - Fotografie di Barbara La Ragione alla 'Movimento Aperto' di Napoli

In mostra saranno esposte una serie di fotografie in bianco e nero che l’artista realizza costruendo i soggetti stessi delle pose, che fotografa in analogico e stampa in camera oscura, e, in alcuni casi, taglia e rimonta le stesse fotografie realizzate.
L’installazione delle opere prevede su di una parete, dieci fotografie in cornici 60x50 cm e di fronte, un’installazione di fotografie a collage in cornici 50x40cm e visori su colonnine con diapositive in bianco e nero. Sulla parete d’ingresso trova posto il testo critico di Mario Franco e fotografie che illustrano le tappe del lavoro di Barbara La Ragione, introducendo il visitatore ad un singolare, personalissimo Modus operandi.
Scrive a tale proposito Mario Franco: “Barbara La Ragione in quell'agglomerato di sali d'argento (lavorando esclusivamente in analogico) prova a costituire l'autonomia del significante, in quella sospensione dell’identità che pensa le immagini come la continuazione del pensiero con altri mezzi. Il bagno chimico, la fotografia che diventa collage e poi di nuovo fotografia è lo strumento creativo, la ‘tecnic’ che consente a Barbara di dare forma non solo all’intervento sul corpo-immagine, ma anche all’arte come relazione e analisi sociale, antropologica e politica.”
Il lavoro di Barbara è dunque tutto analogico: una realtà costruita e fotografata in bianco e nero, fotografie da lei stessa sviluppate in camera oscura. Una modalità che riconduce alla fotografia sperimentale ed alla tradizione dell’avanguardia storica.”
Per Barbara La Ragione, afferma ancora il curatore nel testo di introduzione al senso della mostra, l'architettura è il linguaggio stesso della fotografia nel suo significato “alto”, che deve identificarsi non con il logos ma col mithos. E per mito va inteso qui non tanto una narrazione, quanto una possibile opzione per il superamento dl un codice linguistico articolato che rimane quantomeno legato al simbolico, ma quello di un’apprensione visiva che vuol eccedere non i corpi, ma il corpo stesso del reale. Un’estensione del corpo bidimensionale che si orna e si fonde in una estensione da “macchina celibe”, dove il volto affonda in una sorta di copricapo o di apparato che espande il corpo in un nuovo individuo che ricorda e assomiglia alla concezione heideggeriana che vede la tecnologia come ultimo colpo di coda di una metafisica che non poteva che sfociare e assestarsi in un’epoca di nichilismo come quella attuale, dove la posta in gioco è nientemeno che l’umano.”
L’esposizione, introdotta dal testo di Mario Franco “Espressionistiche macchine celibi”, resterà aperta fino a venerdì 17 marzo il lunedì e il martedì dalle ore 17.00 alle 19.00 e il giovedì dalle ore 10.30 alle 12.30.
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