Attesa per Giovanni Sollima a Grosseto con l’Orchestra della Toscana

Giovanni Sollima Giovanni Sollima foto SHOBHA
C'è grande attesa per l’arrivo a Grosseto di Giovanni Sollima nella stagione dell’ORT, in tour in Toscana.

Una produzione unica che parla della Sicilia, sua terra natale, e della sua famiglia, composta da musicisti e compositori, come il padre Eliodoro Sollima e lo zio del padre Francesco Pulizzi: tre generazioni a confronto, animate sul palco dall’Orchestra della Toscana guidata dallo stesso Sollima al timone del suo violoncello “Francesco Ruggeri” (Cremona, 1679).

L’evento, che avrà luogo venerdì 25 febbraio presso la Chiesa di San Francesco, rientra nella stagione musicale La Voce di Ogni Strumento, organizzata da Agimus Grosseto in collaborazione con il Comune di Grosseto.

Tre generazioni che il violoncellista e direttore d’orchestra ha recuperato grazie a una circostanza tanto fortuita quanto importante: «Il programma», racconta Sollima, «è nato per puro caso da un mio trasloco da Milano a Fiesole. Abito abitualmente a Palermo, e avevo un appoggio nel capoluogo lombardo. Però avevo voglia di ritrovare un rapporto con la natura e mi sono trasferito in Toscana. Durante il trasloco in realtà stavo impacchettando partiture e al tempo stesso mettevo ordine fra i libri. E le scoperte sul piano emozionale sono state molto forti. A esaminare gli spartiti ci ho messo ore, fino a perdere la cognizione del tempo. Leggere e studiare queste pagine ha così originato il programma fatto di vere e proprie chicche, musica che nessuno aveva mai ascoltato. Forse il pubblico ha voglia di conoscere qualcosa di inedito. Ho trovato innanzitutto il 'Quartetto' di Francesco Pulizzi, detto zio Cecè, con cui concludo il concerto. Poi ci sono tre pezzi di mio padre e a tutti questi ho aggiunto una mia composizione».

«È per A.Gi.Mus. davvero un piacere portare Sollima a Grosseto», afferma Gloria Mazzi, Direttore artistico dell’Associazione, «grazie anche alla proficua collaborazione con l’Orchestra della Toscana, iniziata già lo scorso anno e che proseguirà anche in occasione del prossimo concerto (Ti racconto Don Giovanni). Questa nuova produzione propone un programma assolutamente particolare in cui la storia e le atmosfere della terra del musicista si incrociano con le memorie della sua famiglia».

Quelli di Giovanni Sollima non sono concerti, ma esperienze travolgenti di spettacolo. È vero che lui maneggia un violoncello, però non lo tratta come farebbe qualunque altro suo collega. Dello strumento, Sollima diventa burattinaio visionario, si diverte a fargli assumere identità differenti fino a stravolgerne la fisionomia. Così il suo compagno prende vita, recita, canta, danza, piroetta, volteggia a occhi bendati su una fune sospesa nel vuoto, si sperimenta nei salti mortali. E questo succede allo stesso modo quando Sollima suona pezzi suoi o se si confronta con il repertorio tradizionale. Lui è un super virtuoso del violoncello, sul quale si è formato con severità e costanza anche grazie agli insegnamenti di un maestro leggendario come Antonio Janigro. Il fatto è che la fantasmagoria di esperienze musicali da cui è stato fruttuosamente bombardato, dal folk al rock alla world music, ne hanno fatto un musicista che straborda volentieri da confini di generi, di influenze, di epoche. Perfino dal bon ton del concerto classico, dato che spesso suona da jazzista, senza rete.

Del resto come potrebbe essere diversamente per uno che ha messo su uno squadrone di cento violoncelli con cui occupare strade e piazze, o che gira il mondo talvolta in compagnia di un violoncello di ghiaccio? Per questo programma da direttore e solista Sollima offre il suo Concerto per violoncello e orchestra Fecit Neap 17, dove mixa memorie del barocco napoletano ad atmosfere orientali.

Ma soprattutto rende omaggio all’arte di colui che l’ha svezzato alla musica: suo papà Eliodoro, scomparso nel 2000, per quasi quarant’anni docente di composizione al Conservatorio di Palermo. Inoltre, restando nella sua Sicilia, presenta la versione per archi di un Quartetto di Francesco Pulizzi, compositore marsalese di fine Ottocento riscoperto di recente.

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