Let it be. L’ultimo album dei Beatles compie 50 anni

 I Beatles in concerto a Roma (al Teatro Adriano) nel giugno 1965 I Beatles in concerto a Roma (al Teatro Adriano) nel giugno 1965 foto Carlo Riccardi
Cinquant’anni fa usciva “Let it be”, il dodicesimo ed ultimo album del leggendario quartetto di Liverpool.

Let It Be è il dodicesimo album dei Beatles (John Lennon - 1940-1980 -, Paul McCartney - classe 1942 -, George Harrison - 1943-2001 - e Ringo Starr - classe 1940). Il tredicesimo se si considera anche l’album Magical Mistery Tour, in origine pubblicato come LP solo negli Stati Uniti e come EP nel Regno Unito).

Pubblicato l’8 maggio del 1970, l’album vide la luce dopo che, circa un mese avanti (il 10 aprile dello stesso anno), il gruppo aveva già ufficialmente annunciato il suo scioglimento. Registrato inizialmente in presa diretta, nel marzo del ’70 l'album venne affidato nelle mani del produttore Phil Spector, il quale ne curò il mix e, con l’aggiunta di cori e di parti orchestrali, ne modificò in alcune parti il risultato finale.

La rivista «Rolling Stone», nel 2012, lo ha inserito al trecentonovantaduesimo posto della lista dei cinquecento migliori album mai realizzati.

Anche se registrato quasi interamente in sessioni precedenti a quelle di Abbey Road - il loro ultimo LP, pubblicato nel settembre 1969, Let It Be fu immesso sul mercato solo l’anno seguente, nel ’70.

Lo spunto originario risale al 45 giri Hey Jude/Revolution ed al relativo videoclip promozionale girato nel settembre 1968 per la regia di Michael Lindsay-Hogg negli studi di posa di Twickenham; in quella circostanza il gruppo avrebbe dovuto suonare di fronte ad un numero limitato di invitati selezionati, ma il passaparola fece radunare un pubblico molto più numeroso del previsto che si assiepò quasi a contatto con i musicisti mentre questi venivano ripresi durante le esecuzioni di prova di Hey Jude.

Questa cosa risvegliò nel gruppo l'entusiasmo per le esibizioni dal vivo e il desiderio di esibirsi di nuovo in un concerto. Il progetto – inizialmente aveva come titolo Get Back - venne ideato da Paul McCartney come un recupero di quell'impronta rock e di quell’approccio “live” che li aveva contraddistinti all'inizio della loro carriera: un “ritorno alle origini”, e non solo sotto il profilo musicale.

L'idea di fondo era nel fatto che  - come avvenuto con il primo disco - Please Please Me -, registrato nel ’62 in un'unica seduta di dodici ore - i Beatles dovessero abbandonare le strumentazioni elettroniche e le sovraincisioni a vantaggio delle registrazioni in presa diretta.

E così, come era nelle intenzioni di Paul McCartney, nel corso delle sessioni di registrazione - nel gennaio 1969, dapprima negli studi di Twickenham e poi in quelli di Savile Row -, i Beatles si raccolsero nel tentativo di tornare all'attitudine rock'n'roll del loro esordio.

Nel corso delle prove, quello che avrebbe dovuto essere l'evento “live” conclusivo - scartate le proposte di un concerto in un teatro romano in Africa o di uno show su una nave nel Mediterraneo per l'opposizione di George Harrison (contrario a concerti dal vivo) e di Ringo Starr (che non ne volle sapere di lasciare l'Inghilterra per l'Africa a causa delle sue intolleranze alimentari) - si trasformò in una performance - svoltasi il 30 gennaio 1969 - sul tetto dell'edificio di Savile Row, sede della Apple, etichetta di proprietà degli stessi Beatles.

L'intero mese di prove fu registrato da due telecamere che avrebbero dovuto filmare ininterrottamente il processo creativo della band. Tali registrazioni sono illuminanti per quanto riguarda lo stato di malessere interno al gruppo (che infatti, come già detto, di lì a breve si dividerà).

Nel corso delle prove, George Harrison abbandonò momentaneamente il gruppo per via di una discussione con Paul McCartney; la ripresa del progetto fu possibile soltanto alla condizione che si spostassero le sessioni dagli angusti studi cinematografici di Twickenham a quelli più sereni di Savile Row oltre all'abbandono di qualunque progetto di show dal vivo. Tuttavia, alla fine G. Harrison cederà e parteciperà al concerto sul tetto.

Nello stesso tempo, ai quattro si aggiunse il tastierista jazz Billy Preston, che il gruppo aveva conosciuto ad Amburgo nei primi anni Sessanta. Fu lo stesso G. Harrison a coinvolgerlo, in parte per attenuare i contrasti che continuavano ad esistere all'interno della band ma anche per motivi tecnici: la decisione di evitare sovra-incisioni a volte richiedeva di avere un altro strumentista, ergo l’apporto di B. Preston servì a rasserenare gli animi e a rimandare la rottura definitiva del gruppo.

La copertina che si intendeva utilizzare per il progetto Get Back fu scattata nello stesso luogo (il palazzo della EMI) in cui era stata scattata quella del loro primo album, Please Please Me. La foto – insieme ad un’altra foto alternativa del ’62, apparve poi nella copertina delle due raccolte L’album blu e L’album rosso.

Parte delle “Get Back sessions” (conosciute anche come anche “Let It Be Sessions”) furono in seguito messe in circolazione fra i collezionisti e diventeranno la maggior fonte di materiale per i bootlegs sui Beatles.

Nel 2000, la Yellow Dog Records, etichetta discografica specializzata in bootleg, pubblicherà Day by Day, una serie di trentotto cd che contengono tutte le registrazioni integrali effettuate durante quelle sessioni.

Una volta registrati tutti i nuovi pezzi, i Beatles, insoddisfatti del risultato, nei primi giorni di marzo del ’70 lasciarono il missaggio delle tracce all'ingegnere della EMI Glyn Johns, il quale a fine maggio presentò un acetato al gruppo che, ormai disinteressato al progetto, lasciò cadere la proposta.

In seguito le registrazioni furono affidate al produttore statunitense Phil Spector, noto per il suo “muro del suono”, e che decise di applicare i suoi metodi, con una postproduzione accentuata.

Ciò fu causa dell’ennesimo litigio nel gruppo: P. McCartney vide infatti pubblicato il disco con alcuni suoi brani stravolti (soprattutto The Long and Winding Road, che fu modificata da P. Spector con l’aggiunta di violini e di cori celestiali), mandandolo su tutte le furie (anche se, nei concerti degli anni successivi, continuerà a suonar quella canzone seguendo l’arrangiamento deciso da Spector).

L’album fu comunque pubblicato l’8 maggio 1970, quando ormai il gruppo si era già diviso da circa un mese. Il disco, in edizione “de luxe”, fu abbinato ad un lussuoso volume con testi e fotografie di Ethan Russel.

Nel novembre 2003 verrà pubblicata la versione remixata dell'album, intitolata Let It Be... Naked e contenente anche alcuni brani inediti. Nelle intenzioni di P. McCartney avrebbe dovuto essere più congruente con il progetto iniziale. Oltre a differenti missaggi dei vari brani, verranno eliminate Dig It e Maggie Mae, e, al loro posto, aggiunta Don't Let Me Down.

Le foto dei Beatles durante ila loro tappa romana del Tour italiano del 1965 sono visibili a questo link: THE BEATLES IN ROME

 

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.