Un ricordo di Gilles Villeneuve il “canadese volante”

Il pilota canadese stava disputando l’ultima sessione di prove del Gran Premio di Formula 1 del Belgio quando, in sorpasso, la sua monoposto, dopo aver urtato con la ruota anteriore sinistra la posteriore della March del tedesco Jochen Mass, “decolla”, compie tre looping e ripiomba sul terreno vicino alla pista.
Villeneuve viene catapultato fuori dall’abitacolo ancora legato con le cinture di sicurezza al seggiolino - che si stacca dai suoi punti di attacco alla scocca -, e vola andando a sbattere violentemente la testa contro un paletto della recinzione. Sia pur immediatamente soccorso e portato in ospedale con l’elicottero, ormai non c’è più nulla da fare. Ha trentadue anni.
Nato a Chambly - in Québec - il 18 gennaio 1950, Gilles Villeneuve comincia fin da ragazzo a correre, insieme al fratello Jacques, con le motoslitte - molto diffuse in Canada - mezzo dalla stabilità precaria che gli permette quindi di acquisire capacità di controllo in situazioni estreme e particolari.
Nello stesso periodo passa a gare locali con le auto e esordisce in Formula Ford regionale nel ’73, conquistando il primo posto. Dopo aver frequentato un corso di pilotaggio vincendo cinque fra le otto gare in programma, nel ’74 passa alla Formula Atlantic, classificandosi terzo con una March. Nel frattempo continua a gareggiare con le motoslitte, vincendo il titolo nazionale per tre stagioni consecutive, dal ’73 al ’75.
Nel ’76 debutta in Europa in F2 e, l’anno seguente, in F1 con una McLaren, per poi approdare alla Ferrari nel ’78 e vincere il Gran Premio del Canada. Nel ’79 vince tre prove iridate e ottiene il secondo posto al mondiale dietro il compagno di squadra, il sudafricano Jody Scheckter.
In quei pochi anni di carriera in F1 - con sessantasei corse e sei vittorie - correndo per la Ferrari dal ’78 all’82, 1a sua figura diventerà “leggendaria”. Criticato per i suoi numerosi incidenti e per le altrettanto numerose auto distrutte, è stato amato ed apprezzato da tutti (a cominciare da Enzo Ferrari, il quale, notoriamente, gli era molto affezionato) per il suo innegabile talento, la sua generosità e la sua capacità di andare sempre al massimo, senza mai arrendersi all’avversario, né risparmiare una virgola delle sue straordinarie potenzialità.
La sua guida temeraria sempre “al limite” ha offerto spettacoli grandiosi ed emozionanti, meritatamente passati alla storia. Su tutti l’indimenticabile (e indimenticato) duello con il francese René Arnoux a Digione, negli ultimi tre giri del Gran Premio di Francia del ’79, considerato all’unanimità come uno fra i più avvincenti mai visti in F1.
Come scrisse Gianni Cancellieri («Autosprint», XXII, 19, 11-18 maggio 1982), «Gilles era la sfida fatta uomo. Sfidava tutto e tutti ma principalmente se stesso: l’angoscia primordiale della insufficienza delle proprie forze scatenava in questo piccolo grande uomo una capacità di reazione incommensurabile. A volte eccessiva, è stato detto e scritto ma - si sarebbe dovuto aggiungere ogni volta - sempre nel senso del dare, non certo dell’arraffare. Dare sempre e comunque il meglio di sé. Fino alla fine. Questa la lezione umana prima ancora che sportiva che Gilles ha lasciato a tutti. Non è un’eredità da poco».
Ricordandolo, possiamo pensare a Gilles Villeneuve come a una sorta di “gabbiano Jonathan Livingston” dell’automobilismo. E alla fine è “volato via”.
Alessandro Poggiani
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