Costellazione Cancro al Nuovo Teatro Orione. Intervista a Carlo Oldani e Claudio R. Politi

Costellazione Cancro al Nuovo Teatro Orione. Intervista a Carlo Oldani e Claudio R. Politi
Si svolgerà martedì 12 novembre 2019 alle ore 21 al Nuovo Teatro Orione - via Tortona 7, nel quartiere Appio Latino, a pochi metri da piazzale Re di Roma - la serata di beneficenza voluta dal progetto “Costellazione Cancro”. Abbiamo incontrato i direttori artistici del Nuovo Teatro Orione, Carlo Oldani e Claudio R. Politi, ed abbiamo rivolto loro alcune domande.

Argomenti seri e delicati come questi in genere siamo abituati a leggerli sui libri e negli articoli ed a vederli in televisione, ma a teatro – ovverosia dal vivo, confrontandosi direttamente, faccia a faccia, con le persone e con le loro esperienze - è molto più raro. E forse anche per questo - senza voler nulla togliere alla carta stampata, alla rete ed alla tv - il valore e l’efficacia di un’iniziativa come Costellazione Cancro diventa ancora più forte. Come è nata l’idea di portare in scena un progetto di questo tipo?

Carlo Oldani: Nasce dall’esigenza di raccogliere qualcosa di buono dal dolore; nasce da un’esperienza di vita diffusa, troppo diffusa. Avendo a disposizione un palcoscenico, una storia da raccontare, e la voglia di condividere. Un confronto sincero e diretto con il pubblico per avere finalmente la forza e il coraggio di parlare, senza taboo, di cancro.

Claudio R. Politi: Inutile nascondere che il motore dell’iniziativa sia l’esperienza personale. Il che ci potrebbe esporre alla facile critica dell’impegno ex post: dell’avere egoisticamente ignorato un problema comune finché non è divenuto dramma privato. Ma questo non significa che il progetto debba patire un peccato originale. Il suo valore informativo e benefico è oggettivo, e tanto basta per legittimarne il contributo.

 

Qual è il sottotesto dell’iniziativa? Mi spiego meglio. Qual è il messaggio diretto ed immediato che voi vorreste arrivasse allo spettatore e cosa, invece, potrebbe rimaner “fra le righe”, sedimentarsi, e magari riaffiorare qualche giorno/settimana dopo, portando lo spettatore medesimo a riflettere a pieno sull’importanza e sul valore della serata a cui ha partecipato?

C. O.: L’immediatezza deve essere raggiunta dalla forza stessa del Teatro, una performance live deve stordire, colpire, emozionare. Un metaforico "pugno" per stendere lo spettatore. Sarà poi quel torpore emotivo che si porterà a casa il vero “raccolto” della serata. Una profonda riflessione sull’importanza di parlare di cancro, di sdoganare la paura del dolore e avere dunque la forza di condividere e informarsi.

C. R. P.: Lo spettatore è parte attiva dell’iniziativa: è questo il messaggio. Non a caso quest’ultima edizione del progetto è di natura benefica. Il piccolo contributo personale non deve soffrire di un complesso d’inutilità, perché a far la differenza è la somma dei tanti piccoli contributi. Poi, sì, c’è un sottotesto, che ci rimanda alla scorsa edizione, ma che costituisce la natura sottile di tutto il progetto. C’è una lotta nella lotta. Il malato oncologico non affronta soltanto la malattia, ma anche l’arretratezza di certi protocolli clinici.

 

Quali sono le differenze, le analogie ed eventuali riferimenti e connessioni con altre iniziative che magari hanno gli stessi obiettivi ma lo comunicano con linguaggi differenti?

C. O.: Sicuramente le analogie vanno ricercate nel fine ultimo, dalla divulgazione all’informazione. Siamo in tanti a cercare di dar voce a così tante storie che spesso nemmeno ci accorgiamo passarci accanto. Quindi se la finalità può essere in qualche modo simile e condivisa è il metodo teatrale che fa la differenza. Necessità di capacità comunicativa, forza interpretativa e sensibilità nell’avvicinarsi a un mondo da cui tutti sembrano voler sfuggire. Credo sinceramente che il Teatro possa essere la giusta chiave di volta per arrivare al nostro obiettivo.

C. R. P.: Le differenze di criterio, organizzazione e ordine di grandezza sono trascurabili, se posti sotto il principio della comune finalità. L’orizzonte di questo genere d’iniziativa è vasto a tal punto da includere ogni tipo di linguaggio. E anzi forse è proprio un bene che non esista un esperanto della solidarietà, perché la varietà di comunicazione gioca a favore del coinvolgimento.

 

Purtroppo tutti noi abbiamo perduto - a volte in età a cui, decisamente, è troppo presto per andarsene - degli amici e delle persone care a causa di un tumore o di altre gravi malattie. Ed è proprio qui che il progetto Costellazione Cancro assume una componente umana molto forte. Volendo citare le vostre stesse parole («Se in qualche modo, come Natura impone, il sole torna sempre a sorgere, raccontare serve, raccontare aiuta»), in che modo, a vostro avviso, il teatro, attraverso il suo linguaggio, può contribuire ad aiutare le persone a trasformare il loro dolore - a volte vissuto in maniera molto riservata - in un potente motore per aiutare gli altri, canalizzandolo verso una buona causa?

C. O.: Il dolore spesso necessita di tempo, altre volte viene nascosto, quasi come se fosse pericoloso. Magari se una sera, sedendosi tra le poltrone di un teatro, si scoprisse che tanti altri hanno avuto un’esperienza simile e che condividendola, in modo rispettoso e sincero, ci si può sentire meno soli. Ecco perché raccontare aiuta, raccontare il proprio dolore non deve essere una vergogna o un peso, anzi può aiutare, serve. E dunque quale espressione più forte, diretta e totalizzante del Teatro? L’Arte a servizio dell’uomo, cosicché si possa alleviare, anche solo per un momento, la tragedia vissuta. Detto con il cuore in mano vorrei semplicemente aiutare chi come me ha dovuto patire, tanto.

C. R. P.: Si parla spesso di “quarta parete” per indicare quel muro immaginario che divide la scena dalla sala, ma altrettanto spesso si trascura l’elemento di comunione che invece unisce i due spazi: la maschera. Il primo vero attore, a teatro, è il pubblico. Quando ci sediamo in sala, indossiamo la maschera dello spettatore e ne recitiamo la parte. Questo non significa che fingiamo di ridere o di piangere, di godere o d’inorridire. Tutt’altro. Interpretare la parte dello spettatore significa liberare l’emozione da certi meccanismi di autocensura. Il teatro ha il privilegio di veicolare messaggi con una potenza di trasmissione che molti altri mezzi non hanno.  

 

Non mi rimane che complimentarmi ancora con voi per questa bellissima iniziativa e ringraziarvi per la vostra gentilezza e disponibilità.

C. O.: Ringrazio te per l’aiuto, il sostegno nella condivisione, strumento cardine al quale ci affidiamo.

C. R. P.: A me non resta che ringraziarti sentitamente.

 

Per la serata di beneficenza del progetto Costellazione Cancro, appuntamento al Nuovo Teatro Orione martedì 12 novembre 2019 alle ore 21.

 

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Ultima modifica il Sabato, 24/09/2022

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.

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