Dalla parte della cicala. Vita di Gianni Rodari al Teatro Charles de Foucauld di Bracciano

«Dalla parte della cicala è uno spettacolo unico nel suo genere perché racchiude svariate modalità di espressione! Possiamo comunque dire quello che non è: non è un monologo, perché gli attori in scena sono due, Marco Zordan, nella parte di Rodari e Veronica Liberale, nella parte di tutti i personaggi femminili che hanno in qualche modo attraversato la vita di quest’uomo straordinario.
Non è teatro di narrazione, perché ci sono vere e proprie scene in cui gli attori mostrano la loro storia non raccontandola ma appunto vivendola. Non è propriamente una biografia: perché alcune situazioni sono completamente romanzate. mantenendo comunque il senso delle scelte reali fatte dal protagonista. Non è neanche una commedia di pura fantasia, perché tutti i punti salienti sono stati presi dalle testimonianze di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e dai racconti dello stesso Rodari (come il discorso fatto per il premio Andersen: uno dei punti più emozionanti dello spettacolo). Dalla parte della cicala non è tutto questo ma la somma di tutto questo: un modo di raccontare una storia forse caro al suo protagonista, che non ha mai voluto seguire fino in fondo un ideale che non rispecchiasse in pieno le proprie convinzioni. Abbiamo cercato quindi di seguire la nostra fantasia (parola imprescindibile quando si parla di Gianni Rodari) per raccontare la sua esistenza, cercando di ricreare un racconto che lui stesso avrebbe potuto scrivere (e ci auguriamo con tutto il cuore apprezzare)» (Veronica Liberale)
Lo spettacolo ripercorre la vita (romanzata) del grande Gianni Rodari (1920-1980), del quale nel 2020 ricorreva il centenario della nascita (il 23 ottobre), il cinquantenario del Premio “Hans Christian Andersen” ed il quarantennale della scomparsa (il 14 aprile), avvenuta all’età di cinquantanove anni.
Rodari, ricoverato in un ospedale, aspetta di essere destinato a reparto e la dottoressa che lo accoglie (una tizia strampalata che sembra essere uscita da uno fra i suoi racconti), portandogli una misteriosa valigia - il cui contenuto verrà svelato solo alla fine - lo esorta indirettamente a parlare della sua vita. Nella stanza in cui lo costringono a fare anticamera sembrano aleggiare parole che, come nella “grammatica della fantasia” da lui teorizzata, agiscono nella sua mente come «sassi gettati in uno stagno», smuovendo ricordi ed immagini.
Si comincia con la parola “forno” e subito lo spettatore/spettatrice viene catapultato/catapultata negli anni della sua infanzia ad Omegna (NO) con il padre fornaio e tutte le suggestioni che il grande lago d’Orta suscitano di fronte al già fantasioso bambino. Poi l’ingresso in seminario, la guerra, il lavoro come maestro elementare, l’impegno politico e la carriera giornalistica. L’incontro con Maria Teresa Ferretti, che diventerà sua moglie, e la nascita di sua figlia. Fino ad arrivare quindi alla parola più importante che ne contiene tante e che diventerà fondamentale per la sua futura carriera: la parola “bambini”. Per i quali diventerà lo straordinario scrittore, l’unico italiano ad essere premiato con il Premio Andersen, il Nobel della Letteratura per ragazzi.
Il tutto raccontato con un alternarsi di momenti divertenti e poetici, surreali, ironici e drammatici, com’era l’uomo Rodari. Un’artista che riusciva con una filastrocca a smuovere le coscienze e che un giorno, chiedendo scusa alla favola antica, prese le distanze dall’avara formica dichiarandosi “dalla parte della cicala” «che il più bel canto regala»
E, come quella cicala, anche Gianni Rodari, sempre animato da puro idealismo, lontano anni luce da beceri interessi faziosi e personali, ci ha regalato un bellissimo canto che continua a stupire e ad appassionare intere generazioni.
Gianni Rodari, scrittore, giornalista e pedagogista, autore di opere quali La grammatica della fantasia, Filastrocche in cielo e in terra, Favole al telefono, Novelle fatte a macchina, C’era due volte il barone Lamberto e molte altre, nasce ad Omegna (NO), sul lago d’Orta, nell’ottobre 1920 e, dopo aver conseguito, alla fine degli anni Trenta, il diploma magistrale, insegna in varie scuole elementari.
Durante la Seconda guerra mondiale viene esonerato dall’arruolamento per motivi di salute. Nel’43 vince il concorso per maestro ed insegna come supplente a Uboldo (VA). Nel dicembre dello stesso anno viene richiamato alle armi dalla Repubblica Sociale ed assegnato all’ospedale militare di Baggio (MI). Profondamente rattristato dalla perdita dei suoi due migliori amici (Nino Bianchi, morto nel naufragio della nave Calipso, nel Mar Mediterraneo, e Amedeo Marvelli, scomparso nel corso della campagna di Russia del ’41/’42) e dall’internamento di suo fratello Cesare – 1921-1982 – in un campo di concentramento, prende contatti con la Resistenza lombarda - a cui parteciperà attivamente - entra in clandestinità e nel maggio del ’44 si iscrive al Partito Comunista.
Dopo la Liberazione dell’Italia (25 aprile 1945) avvia la carriera di giornalista in Lombardia con «Cinque punte», un piccolo giornale ciclostilato, e poi dirigendo «L’Ordine Nuovo», periodico della Federazione Comunista di Varese. Nello stesso periodo pubblica alcune trascrizioni di leggende popolari ed alcuni racconti con lo pseudonimo di Francesco Aricocchi.
Nel ’47 arriva a «l’Unità», su cui, nel ’49, comincia a curare la rubrica “La domenica dei piccoli”.
Rodari è il protagonista di un radicale rinnovamento delle forme linguistiche e dei contenuti pedagogici della letteratura per l’infanzia, i cui frutti matureranno anche fuori dei confini dell'Italia. Negli ultimi vent’anni circa sono stati numerosi gli esperimenti educativi ispirati alla sua infaticabile attività (è stato autore di filastrocche, di racconti, di fiabe e romanzi, ma anche un acuto teorico delle questioni connesse alla comunicazione fra mondo adulto e mondo infantile).
Nel ’50 si trasferisce a Roma, dove fonda e dirige - insieme a Dina Rinaldi (1921-1997) - il giornale per ragazzi «Pioniere», settimanale dell’API (Associazione Pionieri d’Italia), con cui collaborò fino al ’62, anno in cui cessano le pubblicazioni. All’inizio degli anni Cinquanta fonda il campeggio estivo dei Pionieri, con sede a Sestola (MO) e poi a Castelluccio di Porretta Terme (BO).
Nel ’51 la pubblicazione di Il manuale del Pioniere, suo primo libro pedagogico, provoca numerose reazioni da parte della stampa cattolica ed alcune parrocchie arriveranno a dar fuoco, nei cortili, a copie del libro e ad alcuni numeri di «Pioniere».
Nel dicembre del’53 fonda «Avanguardia», giornale nazionale della FGCI (Federazione Giovani Comunisti Italiani).
L’anno seguente comincia a collaborare, per circa quindici anni, a numerose altre pubblicazioni, scrivendo articoli per quotidiani e periodici e curando libri e rubriche per ragazzi.
Nel ’56, convocato da Pietro Ingrao, torna a «l’Unità», dove rimane per due anni, dal settembre del ’56 al dicembre del ’58, mese in cui passa a «Paese Sera» come inviato speciale.
Fra il ’66 ed il ’69 collabora con la Rai e la BBC, come autore del programma tv per l’infanzia Giocagiò.
Nel ’68 sta per accettare l’offerta della Einaudi Editore - che all’epoca, con Editori Riuniti, pubblicava i suoi libri - e di trasferirsi a Torino. Tuttavia si era trasferito da pochi mesi nel quartiere Gianicolense in attesa di trasferirsi in una nuova casa a Manziana (RM) e, poiché sua moglie (la modenese Maria Teresa Ferretti, sposata nel ’53 ed ex segretaria del gruppo parlamentare del Fronte Democratico Popolare) lavorava e non voleva creare traumi di trasferimento alla figlia (Paola Rodari) in età scolare, rimane a Roma.
Dopo la scomparsa di Ada Gobetti (1902-1968) assume la direzione del «Giornale dei Genitori» e la terrà fino al ’77.
Nel ’73 pubblica il documento maggiore della sua meditazione teorica, ovverosia Grammatica della fantasia. Introduzione all'arte di raccontare storie. Si tratta del suo unico volume a non appartenere alla narrativa, in quanto ha contenuto teorico. Il libro nasce ufficialmente a Reggio Emilia, dalla trascrizione a macchina di alcuni appunti che erano rimasti nei cassetti per circa venticinque anni. Tali appunti, scritti alla fine degli anni Quaranta, facevano parte della raccolta del Quaderno della fantasia e furono recuperati in seguito ad un comizio che si svolse proprio a RE nel marzo del ’72. L’opera è formata da quarantacinque capitoli. La maggior parte delle tematiche e degli episodi della poliedrica attività di G. Rodari vengono ripresi nel corso delle argomentazioni e degli esempi che troviamo nel libro.
Tre anni avanti, nel ’70, aveva ricevuto il Premio Hans Christian Andersen - unico scrittore italiano ad averlo -, il Nobel della letteratura per l'infanzia.
Negli anni Settanta, con lo pseudonimo di Benelux, tiene su «Paese Sera» una rubrica quotidiana molto seguita. Va più volte in Unione Sovietica, dove i suoi libri erano stati tradotti e diffusi in tutte le scuole, ed intraprende anche viaggi in Bulgaria ed in Cina.
Nel’75, insieme alla giornalista Marisa Musu (1925-2002), fonda l’associazione di promozione sociale Coordinamento Genitori Democratici, una Onlus impegnata ad insegnare a praticare i valori di una scuola antifascista, laica e democratica, membro del Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori nella Scuola, istituito all’interno del Ministero della Pubblica Istruzione.
Fino al marzo del 1980 prosegue la sua attività di giornalista e partecipa a numerose conferenze ed incontri nelle scuole italiane con insegnanti, genitori, alunni e gruppi teatrali per ragazzi. Alcuni fra i suoi testi pacifisti sono stati messi in musica da Sergio Endrigo (1933-2005) - ricordiamo il celebre album Ci vuole un fiore - 1974 -, parole di G. Rodari e musica di S. Endrigo e del grande Luis Bacalov - e da altri cantautori.
Per orientarsi nella sterminata produzione di Rodari, fondamentale è ricordare che i suoi volumi sono sovente il frutto dell’assemblaggio di articoli pubblicati all’interno di rubriche per bambini da lui tenute su quotidiani e periodici (oltre a «l’Unità» ricordiamo andranno ricordati «Il Pioniere», «Noi Donne», «Paese Sera», «Il Corriere dei Piccoli», «La Via Migliore»). La fantasia di Rodari è inoltre particolarmente incline alla continua rielaborazione di tematiche e motivi, indipendentemente dal fatto che si tratti di testi in prosa, in poesia, o scritti per il teatro. Una caratteristica fondamentale e peculiare della sua scrittura - molto colta, a differenza di quanto a volte si creda - è la tendenza a “maneggiare” liberamente un vastissimo repertorio fantastico-fiabesco (François Rabelais, Hans Christian Andersen, da Giovan Battista Basile, i fratelli Jacob Ludwig e Wilhelm Karl Grimm), fondendolo costantemente, attraverso accorte operazioni di recupero, con forme di comunicazione più moderne come la televisione ed il fumetto. La sua vocazione pedagogica e il suo impegno civile trovano la loro realizzazione in un progetto di scrittura per l’infanzia dichiaratamente antiautoritario, fondato sul divertimento e sulla libera partecipazione del bambino al meccanismo medesimo dell’invenzione fantastica.
La sua produzione in versi (Il libro delle filastrocche - 1951 -, Filastrocche in cielo e in terra - 1960) rivela gusto per il gioco linguistico (a cui non è estranea anche la familiarità con la tradizione anglosassone del nonsense), molto efficace anche nel corso della sua intera esperienza narrativa, che, fra i titoli più interessanti – sovente arricchiti dall’apporto di illustratori come Bruno Munari e Emanuele Luzzati - conta Il romanzo di Cipollino (1951), Il viaggio della Freccia Azzurra (1954), La torta in cielo (1966), C'era due volte il barone Lamberto (1978).
Tuttavia, sarebbe impossibile trascurare né si potranno trascurare le sue fortunate - ed altrettanto valide - raccolte di fiabe e di novelle, fra cui Favole al telefono (1962), Gip nel televisore e altre storie in orbita (1967), Venti storie più una (1969), Novelle fatte a macchina (1975).
Autore ironico ed originale, Gianni Rodari non solo ha divertito generazioni di bambini, ma li ha anche aiutati a credere nella possibilità di realizzare un mondo migliore denunciando ogni forma di ingiustizia e di sopruso. Le sue storie invitano a guardare la realtà con il filtro della fantasia ed a cambiare l’ordine delle cose, per aver la possibilità di vederle meglio. È stato uno fra gli scrittori italiani più creativi del Novecento. Tutte le sue opere sono animate da un acuto gusto per l’insolito, per tutto ciò che va controcorrente, lontano da ciò che è ovvio e banale. Per lui ogni oggetto è una creatura viva, dotata di personalità e di desideri da realizzare.
Le sue prime filastrocche, nonché quelli che lui definiva “raccontini umoristici” appaiono sulla pagina della domenica dedicata alla famiglia de «l’Unità». Si tratta di opere in cui narra di ciò che avviene ogni giorno senza mentire e senza fare omissioni sulle difficoltà che inesorabilmente accompagnano la vita. Il suo modo di raccontare la realtà è originale, stravagante e ricco di fiducia in un mondo migliore. Un mondo che assomiglia molto a quello da lui decritto in Il Pianeta degli alberi di Natale (1962). Racconta avventure fantastiche e straordinarie; immagina perfino, come avviene nel già citato Gip nel televisore e altre storie in orbita, che qualcuno riesca a decollare dalla sua poltrona e a cadere nel televisore portando scompiglio nei programmi, e che nel cielo appaia una torta gigante (La torta in cielo) in grado di scatenare una guerra che solo i bambini saranno in grado di fermare.
Nelle fiabe, nei racconti e nelle filastrocche, che scriveva senza sosta, a ritmi impressionanti (G. Rodari è stato senz’altro uno fra quegli scrittori che, come si dice in gergo, hanno vissuto alla macchina da scrivere), invita i suoi lettori a non cedere alle lusinghe dell’omologazione e dell’uniformazione di massa, bensì a cercare, nonostante le difficoltà e le incomprensioni, la propria strada. È il caso, ad esempio, del gambero, protagonista della fiaba Il giovane gambero, e che un giorno decide di trovare se stesso, al di là di quello che la società in cui vive ha deciso per lui. E così, deciso ad ogni costo ad imparare a camminare in avanti, se ne va per in giro per il mondo in cerca di fortuna. Anche se tutti continuano a ribadire che i gamberi devono procedere all’indietro, lui prosegue per la sua strada. L’autore non cede alla tentazione di far finire la storia con il raggiungimento di una meta e conclude il racconto con un finale aperto («Andrà lontano? Farà fortuna? Raddrizzerà tutte le cose storte di questo mondo? Noi non lo sappiamo, perché egli sta ancora marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno. Possiamo solo augurargli, di tutto cuore: “Buon viaggio!”».
Scrive storie che possono essere montate, smontate, rimontate proprio come un gioco; storie in cui anche gli errori non vanno corretti, perché diventano dei veri e propri protagonisti, come avviene in Il libro degli errori (1964) («Signori e Signore / venite a visitare / il museo degli errori / delle perle più rare»). Nel paese degli errori troviamo «gati», strani animali a tre zampe e con un solo baffo, luoghi come la «Lamponia, un paese dolcissimo / che sa di marmellata e di sciroppo», ma anche un tribunale in cui uno viene processato per aver scritto che «lo zio è il padre dei vizi».
Gianni Rodari scrive per tutta la vita ed alcune opere gli fanno ottenere importanti riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Ricordiamo il Premio Prato (1960), i premi Castello e Rubino, entrambi nel 1965 e, pochi anni dopo, il prestigioso e già citato Premio “Hans Christian Andersen”.
Dopo la sua scomparsa, avvenuta nell’aprile del 1980 all’età di cinquantanove anni, Italo Calvino scrisse: «Rodari è morto e il mondo si è impoverito». Ma le sue opere restano e continuano a indicare un fantastico percorso di libertà perché «di imparare non si finisce mai e quel che non si sa è sempre più importante / di quel che si sa già».
Riposa a Roma, nel cimitero del Verano.
A partire dagli anni Ottanta sono state scritte decine di opere su G. Rodari e gli sono stati intitolati moltissimi parchi, circoli, biblioteche, strade e scuole materne ed elementari. Il principale Parco Rodari si trova ad Omegna, il suo paese d’origine, in cui si trova anche piazza Gianni Rodari, di fronte al Parco della Fantasia. A Roma gli è stata intitolata la biblioteca comunale di Tor Tre Teste.
Nel 2010, anno in cui ricorreva il novantesimo anniversario della sua nascita, il quarantennale del Premio “Hans Christian Andersen” ed il trentennale della sua scomparsa, sia in Italia sia all’estero furono organizzati numerosi eventi per ricordarlo (incontri, dibattiti, convegni, ristampe di libri, mostre fotografiche, spettacoli teatrali).
La stessa cosa avrebbe dovuto avvenire anche nel 2020, ma, come purtroppo tutti sappiamo, l’emergenza sanitaria connessa alla pandemia Covid-19 ha portato all’annullamento - o al rinvio a data da definirsi - di tutti gli eventi.
Tuttavia, qualcosa è stato fatto anche in questi mesi difficili. E la pièce Dalla parte della cicala. Vita di Gianni Rodari, che ha debuttato nel luglio 2020 proprio a Bracciano e che, nel settembre dello stesso anno è andata in scena al Teatro Marconi a Roma, ne è un ottimo esempio.
Dalla parte della cicala. Vita di Gianni Rodari di Veronica Liberale (regia: Fabrizio Catarci; interpreti: Marco Zordan, V. Liberale; scene e costumi: Caterina Lambiase; scelta musicale: Pietro De Silva; produzione: Sorrisi d’Autore), andrà in scena al Teatro Charles de Foucauld di Bracciano domenica 23 maggio 2021.
Ultima modifica il Mercoledì, 21/09/2022
Alessandro Poggiani
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