Freddy Aggiustatutto al Teatro de’ Servi: intervista agli autori

Freddy Aggiustatutto affronta in maniera divertente e dissacrante l’argomento dei programmi televisivi vuoti di contenuti (volendo usare un generoso eufemismo) e che, a lungo andare, finiscono con il vuotare anche i cervelli (evidentemente già portati “all’ammasso”) di chi li guarda. Come è nata l’idea di mettere in scena un lavoro di questo tipo?
Lorenzo Riopi: «Ci sembrava una sfida interessante portare la televisione a teatro. La TV entra nella quotidianità di tutti – anche di chi non la guarda – e modifica il linguaggio, l’ideale estetico, le abitudini. I reality lo fanno in maniera ancora più aggressiva e sfacciata. Basta pensare alla cucina: da qualche anno i programmi di cucina vanno di moda, e ora siamo tutti chef provetti, pronti a fotografare il piatto e a parlare di zest di limone. Mi chiedo, la TV verità ha solo documentato la nostra antica passione collettiva per i fornelli, o ci siamo tutti appassionati di cucina guardando la TV?»
Tobia Rossi: «Inoltre abbiamo reputato il backstage di una real tv un mondo narrativo particolarmente promettente in quanto abitabile da un certo tipo di umanità che ci interessava raccontare. Il belloccio tutto muscoli e niente cervello, la donna manager rapace e senza scrupoli, il direttore di rete opportunista e donnaiolo sono un po’ come le antiche maschere della Commedia dell’arte aggiornate all’oggi. Maschere che, beninteso, sono destinate ad esplodere nel corso della storia».
Qual è il sottotesto della commedia? Cosa avete voluto rappresentare in modo chiaro ed esplicito e cosa, invece, lasciate che lo spettatore legga “fra le righe”.
L. R.: «Il sottotesto per me è tutto quello che abbiamo fatto intuire attorno al mondo di Freddy Aggiustatutto, la desolazione culturale fuori dagli studi che nutre il successo della trasmissione. Il Giardino dei Ciliegi si fa in cantina, mentre il volto di Freddy è sulla fiancata del Duomo. All’orecchio del pubblico la cosa non suona assurda, perché è assolutamente plausibile al giorno d’oggi».
T. R.: «Mi piacerebbe che, tra le risate e le battute, emergesse da Freddy anche un certo modo di rappresentare il maschile e il femminile in televisione e nella società. Nonostante siamo nel 2018 e certi stereotipi dovrebbero essere ormai polverizzati, gli uomini devono comunque essere intraprendenti e performativi, le donne devono restare passive e al massimo lasciarsi soccorrere, ai maschietti non è permesso mostrarsi fragili e le femminucce troppo coscienti e intelligenti sono da deridere e isolare. E poi, il discorso sull’aspetto fisico: Giorgio nel secondo atto dice “una ragazza non deve essere affidabile, deve essere gnocca!”. Il binomio uomo attraente-donna fisicamente imperfetta crea imbarazzo, irritazione, smarrimento, il che fornisce un sacco di spunti di riflessione…»
Un’altra cosa che colpisce di Freddy Aggiustattuto è il continuo gioco di contrasto fra apparenza e realtà. Freddy, Cora, Giorgio, Nadia e Annai cinque personaggi, non sono delle maschere, bensì dei volti. E nel corso dello spettacolo gli “equilibri” che di volta in volta sembrano esser stati rovesciano continuamente. In particolare - lo dico da cinefilo - la figura di Cora (magnificamente interpretata da Alessandra Schiavoni), la produttrice “avvoltoio” che vive in funzione dello share e che per arrivare al suo obiettivo calpesterebbe chiunque, poco ha da invidiare alla Diana Christensen di Faye Dunaway nell’agghiacciante Quinto potere di Sidney Lumet, uno fra i migliori film americani anni Settanta sul giornalismo. Costruendo i personaggi avevate in mente anche opere di quel tipo?
L. R.: «Di’ pure uno tra i migliori film di sempre! Sono contento che tu abbia colto questo riferimento perché è proprio così, ci siamo ispirati tantissimo a Quinto Potere, che descrive in maniera straordinaria la disumanizzazione operata dalla TV su chi la fa. Abbiamo anche preso spunto da film più leggeri ma sempre molto caustici nei confronti del mondo televisivo, come Bolle di Sapone e il capolavoro Tootsie».
T. R.: Abbiamo anche studiato il classicone Marty, vita di un timido e Amore a prima svista dei fratelli Farrelly, film geniale nella sua demenzialità anarchica e feroce. E poi, naturalmente, puntate su puntate di reality sui canali satellitari!
Senza nulla togliere agli autori, al regista ed a tutti colori i quali/le quali hanno lavorato allo spettacolo, è innegabile il fatto che il merito della riuscita di Freddy Aggiustatutto è anche dei cinque attori (Matteo Nicoletta, Alessandra Schiavoni, Giuseppe Cantore, Giulia Carpaneto, Alessia Punzo). Tutti e cinque in perfetta forma ed in grado di dar vita a ritratti psicologici molto convincenti interpretando personaggi diversissimi fra loro. Come siete riusciti a “governare” il tutto ed a costruire personaggi con cui il pubblico immediatamente empatizza - nel bene e nel male - in maniera così efficace?
L. R.: «Penso che l’empatia coi personaggi derivi dal fatto che li abbiamo calati in una realtà che non amano, che li costringe a essere qualcosa che non sono e che li appiattisce. Ora, penso che questo capiti sempre più spesso a tutti noi. Al giorno d’oggi fatichiamo a mostrare davvero noi stessi, i rapporti fanno sempre più paura e temiamo che ciò che siamo non vada bene agli altri. I social media poi ci hanno messo tutti sotto i riflettori, perciò è facile che su Facebook sei il ritratto della felicità e poi in realtà stai a casa a piangere sotto il cuscino. Questo avviene con le opinioni, con gli stati d’animo, e in modo più evidente con l’aspetto estetico, perché la società ci costringe a creare un’immagine di noi stessi, proprio come fanno i personaggi televisivi. I profili Instagram debordano di ragazze sempre perfette, truccate e sexy, anche se la foto finge di essere fatta in modo “casuale”, non studiato. Il lato non sexy di quelle ragazze, quello magari con l’alito cattivo e le occhiaie, rimane sempre più nascosto, e solitamente è il più interessante. Quelle ragazze diventano sempre di meno persone e sempre di più figurine, agli occhi degli altri».
T. R.: «Esatto! E il desiderio segreto, spesso inespresso, di tutti è: poter essere sé stessi. Un lusso che in pochi possono permettersi. Questa specie di repressione genera tutta quella rabbia e quell’isteria che anima i “mostri” di Freddy Aggiustatutto».
Grazie mille per l’intervista e per la vostra disponibilità. Beh, cosa dire? Avanti tutta e un grosso In bocca al lupo. O meglio, come si dice a teatro, merda!
L. R.: «Grazie a te per l’intervista e crepi il lupo!»
T. R.: «Merda all’infinito e grazie per l’intervista!»
Freddy Aggiustatutto di Lorenzo Riopi e Tobia Rossi (regia: Roberto Marafante; scene: Rossella Inzillo; costumi: Giusy Nicoletti; luci: Stefano Valentini; interpreti: Matteo Nicoletta, Alessandra Schiavoni, Giuseppe Cantore, Giulia Carpaneto, Alessia Punzo) rimarrà in scena al Teatro de’ Servi fino a domenica 11 marzo 2018.
Ultima modifica il Lunedì, 26/09/2022
Alessandro Poggiani
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