Il Colloquio al Nuovo Teatro Orione. Intervista a Eduardo Di Pietro

Il Colloquio affronta l’argomento della reclusione e del come viene vissuta, dall’esterno, da tre donne che vanno in visita al carcere di Poggioreale. Come è nata l’idea di scrivere e mettere in scena un’opera di questo tipo?
Il Colloquio è ispirato ai sistemi di ammissione per i colloqui settimanali con i detenuti presso il carcere di Poggioreale, a Napoli: l’idea è nata dalla visione del documentario Il loro Natale, di Gaetano Di Vaio, tuttora disponibile su youtube. Il film, risalente al 2010, raccontava una condizione di inciviltà abituale e diffusa all’esterno del penitenziario, che fortunatamente, negli anni, è stata almeno in parte attenuata. Quella situazione mi suggerì un forte potenziale teatrale: vi si trovava una marginalità costituita principalmente da donne, costrette a un’attesa sfiancante lungo un confine oltre il quale si nascondeva l’“aldilà” spaziale e affettivo, un ambiente oscuro, qual è l’istituto di pena. Tale sospensione forzata si risolveva in una serie di conflitti, articolati in più direzioni (tra le astanti, nei confronti del carcere, dello Stato e, al massimo grado, contro l’esistenza stessa). Abbiamo così sviluppato un progetto dove, parallelamente al lavoro di ricerca con gli attori, la compagnia ha intervistato varie donne che avevano avuto numerose esperienze come quella che raccontiamo: cogliamo l’occasione per ringraziarle, perché sono state gentilissime – una di loro è da poco venuta a mancare. Nel corso della creazione scenica, abbiamo poi astratto la situazione, relazionando i personaggi a un carcere generico, un emblema di degrado riconoscibile in molte realtà italiane.
Esistono riferimenti, connessioni, differenze e/o analogie con altre opere che affrontano tematiche analoghe?
È una domanda molto complicata, poiché non è semplice svolgere la rete di influenze e suggestioni che orientano il lavoro. Avendo sospeso il tempo e costretto i personaggi in una fila perpetua, da subito ci siamo scontrati con la difficoltà di messa in scena di un’attesa fine a sé stessa. L’attesa è tuttavia un topos teatrale molto fecondo – in tal senso, il legame obbligato è rappresentato da Aspettando Godot, – su cui è stato necessario da parte nostra soffermarsi e indagare. Inoltre, i registri che utilizziamo in scena sono il comico, il paradosso, l’onirico, e a tal proposito i riferimenti possibili diventano così tanti che si confondono nella memoria e credo contribuiscano a creare un linguaggio che diviene necessariamente personale.
Qual è il sottotesto dello spettacolo? Cosa viene mostrato chiaramente e cosa, invece, vorresti che lo spettatore leggesse “fra le righe”?
Vorrei che riuscissimo a restituire il senso di sgomento che alcune vite hanno scavato dentro di noi, nel momento in cui abbiamo smesso di ignorarle. La disperazione, la forza e la violenza che, in certi stati di subalternità, diventano la naturale reazione a un’esistenza segnata dalla prigionia – che non è solo quella del carcere. Al di là delle storie che raccontiamo, dove la detenzione assume un carattere fatale, le nostre Maria Assunta, Pina e Annarella interrogano ognuno di noi, perché i loro sentimenti d’insoddisfazione e mancanza, i loro desideri di fuga sono gli stessi che, in tante forme, tormentano il cuore di tutti gli esseri umani.
Senza nulla togliere al lavoro svolto dall’autore e regista ed a tutti coloro i quali/le quali hanno lavorato allo spettacolo, è innegabile il fatto che una parte del merito della riuscita de Il Colloquio va ai tre attori, Renato Bisogni, Alessandro Errico e Marco Montecatino. Tutti e tre in grado di dar vita a ritratti psicologici molto convincenti interpretando tre personaggi diversissimi fra loro. Come è nata l’idea di far interpretare a tre uomini personaggi femminili?
Renato Bisogni, Alessandro Errico e Marco Montecatino sono stati bravissimi nella creazione di personaggi che all’inizio gli avevo proposto con una bozza molto vaga. Lavoriamo sollecitando intensivamente l’autorialità e l’immaginazione degli attori così che, già a metà percorso, ciascuno di loro ha modellato il proprio personaggio in profondità e lo conosce meglio di chiunque altro: senza la loro raffinata sensibilità (e il contributo dell’aiuto regia Cecilia Lupoli, che pure ha avuto un ruolo creativo fondamentale), difficilmente sarebbe potuta nascere un’alchimia così particolare.
L’alterità dei personaggi in questione ha richiesto un’operazione dichiaratamente teatrale di distanziamento: con l’interpretazione dei ruoli femminili da parte di uomini, mettiamo da subito in chiaro la trasposizione, il gioco scenico e sventiamo i pericoli dell’immedesimazione che, in casi come questo, non mi interessano. In chiave simbolica, si possono dare differenti letture a questa scelta e tutte saranno sensate.
Il Colloquio ha vinto il Premio Scenario Periferie 2019 ed ha debuttato a Milano a fine novembre 2019. Ora il debutto romano al Nuovo Teatro Orione. Quale sarà il futuro prossimo dello spettacolo? Sono previste altre repliche?
Speriamo di poter tornare quanto prima a Roma, intanto il prossimo appuntamento è per il 15 febbraio a Bologna, all’ITC San Lazzaro di Savena. In marzo saremo a Forte dei Marmi e poi ad Asti; dopodiché finalmente in Campania (a Officina Teatro, in provincia di Caserta), dove Il Colloquio non è ancora andato in scena. Abbiamo altre date in serbo per l’Italia e ne stiamo aggiungendo di volta in volta: ci si può aggiornare sul nostro sito www.collettivolunazione.it e sulle pagine social del collettivo LunAzione.
Ti ringrazio per la tua gentilezza e disponibilità. E MERDA per il proseguimento dello spettacolo!
Grazie a te per l’attenzione e merdissima! Spero a presto!
Il Colloquio di Eduardo Di Pietro (regia: Eduardo Di Pietro; aiuto regia: Cecilia Lupoli; interpreti: Renato Bisogni, Alessandro Errico, Marco Montecatino; uno spettacolo di: Collettivo LunAzione produzione: Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini) è andato in scena al Nuovo Teatro Orione venerdì 24 gennaio 2020.
Ultima modifica il Sabato, 24/09/2022
Alessandro Poggiani
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