Il mio segno particolare di Maria Antonia Fama e Michele D’Ignazio al Teatro Trastevere

«Passami il mantello nero il costume da torero oggi salvo il mondo intero con un pugno di poesie». Così canta Dario Brunori in una sua canzone. Tutti, in fondo, abbiamo la possibilità di salvare il mondo. Basta prendersi un momento per raccogliere un pugno di poesie, per indossare un mantello, scoprirsi ancora una volta bambini e capire che abbiamo tutti delle storie da raccontare. Ogni vita ha le sue peculiarità. È questo il punto di partenza da cui nasce lo spettacolo Il mio segno particolare, regia di Maria Antonia Fama, adattamento teatrale del romanzo omonimo di Michele D’Ignazio, pubblicato da Rizzoli nel 2021: una storia avvolgente e coinvolgente che è una porta aperta sui ricordi e sui sogni, in una stanza dell’infanzia dove si alternano dottori, palloncini, zie compleanni, biciclette, divenendo tutti parte di un grande gioco.
«Il mio segno particolare gioca anche con il mondo dei supereroi e dei loro poteri. Alla fine della narrazione, però, ciò che emerge è proprio un elogio dell’arte di raccontare: è il nostro vero superpotere, perché permette di valorizzare ciò che ci capita, ci fa maturare, crea degli incredibili ponti con le storie degli altri. È importante non nascondersi o sentirsi in colpa per le proprie particolarità. Raccontare la propria storia è un modo per fare pace con il proprio passato, con la propria infanzia e di vederne gli aspetti più poetici ed essenziali. L’arte del raccontare fa uso del linguaggio ed è ugualmente importante prendere coscienza delle parole che utilizziamo. Il linguaggio è qualcosa di potente: modificando in positivo i modi di dire e il loro significato, cambiamo il nostro sguardo sul mondo. E di conseguenza cambiamo noi stessi e il mondo che ci circonda. In francese i nei si chiamano grains de beautés: chicchi di bellezza. In spagnolo invece si chiamano lunares, perché sono satelliti e fanno pensare alla luna piena. E in inglese skin mole, come le montagnole marroni che le talpe creano nel terreno. Ma anche come il molo, quello dei porti con le navi pronte a salpare. Di questi tempi viene molto utilizzata la parola “resilienza”. È una bella immagine, presa in prestito dalla fisica, di un corpo che sopporta una deformazione, uno stress e poi ritorna allo stato originario, dimostrando elasticità psichica e forza. È però più attinente a questa storia il concetto di “antifragilità” di cui parla Nassim Taleb. Se la resilienza è la capacità di rimanere se stessi nonostante gli “urti” della vita, l’antifragilità è invece la capacità di diventare una cosa nuova e migliore, proprio grazie all’urto subito. È abbracciare l’imprevisto, l’incertezza, il cambiamento, assumerne positivamente il rischio. È accertare che la vita è una costante trasformazione» (Maria Antonia Fama, Michele D’Ignazio)
Michele nasce il 7 gennaio 1984. I suoi genitori non vedono l’ora di conoscerlo, di prenderlo in braccio, di portarlo a casa. Ma quando lo vedono per la prima volta restano stupiti! Sulla schiena il piccolo ha qualcosa: una specie di mantello, proprio come quello dei supereroi. Cominciano così mille avventure, dentro e fuori dagli ospedali, con medici, sale operatorie e infiniti rotoli di garza. Michele, ormai adulto, racconta e continua a giocare con i bambini che incontra, con se stesso e con i suoi genitori, svelando quel segno particolare che gli ha segnato la vita e facendoci riflettere sull’importanza di ogni particolarità e sul senso. Un monologo per un attore solo, che sul palcoscenico prende vita, trasformandosi in una ballata a più voci, tra ombre moleste, nei giganti, marionette e le voci dei bambini “macchiolini”, che come Michele portano ogni giorno quel mantello che li rende forti e un po’ supereroi. Tutti “Scherzi della Natura” come lui, che non hanno fatto neanche in tempo a presentarsi a questo mondo, ad ambientarsi, a capirci qualcosa e già dovevano viaggiare, saltare, correre e lottare. C’è chi “è nato con la camicia”, loro sono nati con la valigia.
Il mio segno particolare di Maria Antonia Fama e Michele D’Ignazio (regia: M. A. Fama; soggetto: dal romanzo omonimo di M. D’Ignazio; teatro delle ombre: Corinna Bologna; luci: Pietro Frascaro; interprete: Marco Zordan), tratto dal libro omonimo di Michele D’Ignazio - pubblicato da Rizzoli e disponibile in libreria da marzo 2021 -,andrà in scena al Teatro Trastevere martedì 28 settembre.
Ultima modifica il Mercoledì, 21/09/2022
Alessandro Poggiani
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