Instabili Vaganti e Beyond Borders: quando il teatro diventa un viaggio alla ricerca di eutopie

Instabili Vaganti e Beyond Borders: quando il teatro diventa un viaggio alla ricerca di eutopie
Dopo la tappa in USA del progetto interculturale che “supera i confini” incontriamo Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola della Compagnia Instabili Vaganti.

Beyond Borders è il progetto di condivisione artistica ideato e diretto dalla Compagnia Instabili Vaganti, formata dalla regista e perfomer Anna Dora Dorno e dal performer Nicola Pianzola, che ha risposto con forza ai cambiamenti generati dalla pandemia, soprattutto nel primo periodo di lockdown. Beyond Borders ha creato momenti di confronto e di lavoro a distanza con artisti da ogni parte del mondo attraverso i media digitali e le piattaforme online, ma anche periodi di residenza, scambio di pratiche e formazione in Italia e all’estero allo scopo di intraprendere percorsi di creazione condivisa e di co-produzione. Beyond Borders, come recita lo stesso nome, è un progetto che nasce per “superare i confini” e per mantenere attivo un dialogo e un confronto interculturale che, in tempi di pandemia, sembrava destinato a spegnersi.

Grazie al supporto del Ministero Italiano della Cultura, dal 2021 il progetto Beyond Borders si estende ad una prestigiosa rete di partner nazionali e internazionali, che comprende, in Italia, un raggruppamento di soggetti del panorama teatrale contemporaneo che vede capofila Instabili Vaganti insieme ad ATER Fondazione, L’Arboreto Teatro Dimora e La Mama Umbria International, e all’estero, importanti Festival e istituzioni culturali come: La MaMa di New York, il Festival Cross Currents di Washington DC (USA), i Festival FINTDANZ e FITICH (Cile), il Festival FolkCanarias (Spagna), TAFMA e Festival Hornbill (India), Studio Ramli Hassan (Malesia), Centre Culturel Regional de Dakar Blaise Senghor (Senegal).

Abbiamo incontrato gli Instabili Vaganti al termine delle recenti tappe americane di Beyond Borders. Nello storico spazio La MaMa di New York la Compagnia ha coinvolto artisti italiani e statunitensi in una fase di scambio e co-creazione e, prima ancora, alla Georgetown University di Washington DC, ha presentato il progetto interdisciplinare nell’ambito di “The Gathering”, incontro internazionale di artisti e operatori all’interno del prestigioso Cross Currents Festival.

 

Dopo un periodo di collaborazioni a distanza con artisti da ogni parte del mondo la nuova fase di Beyond Borders riparte con appuntamenti dal vivo e in presenza. In questo periodo vi abbiamo visti impegnati tra il Cross Currents Festival d Washington DC e lo spazio LaMaMa di New York. Ci raccontate con quali aspettative, obiettivi e risultati avete vissuto l'esperienza di condivisione artistica in USA?

Avevamo riposto molte aspettative nelle tappe negli Stati Uniti, forse perché ci approcciavamo ad una cultura contemporanea che contiene i temi che affrontiamo nel nostro progetto. Il tema del confine è molto sentito negli Stati Uniti, non solo a livello geografico come per la storica vicenda del confine con il Messico, ma anche per quanto riguarda il confine tra le diverse culture che convivono nel Paese. New York è un crogiuolo di razze e infatti uno dei testi che stanno emergendo dal lavoro svolto a New York recita “New York is a borderless city”, dove i confini sembrano dissolversi mentre ci dissolviamo a nostra volta nella città, nelle sue strade e tra le miriadi di volti che la attraversano.

Il luogo dove ci troviamo e le persone che lo abitano diventano una forma di ispirazione per i contenuti del lavoro teatrale che stiamo portando avanti. In queste città americane abbiamo anche osservato come i confini interpersonali sono protetti e gli spazi organizzati. Sono luoghi questi, abitati da milioni di persone, dove si possono erigere anche muri, barriere, e dove talvolta si può percepire un forte senso di solitudine. Anche questo concetto di confine tra le persone, e come questo concetto sia cambiato durante la pandemia, è apparso spesso nel lavoro svolto negli Stati Uniti e soprattutto nel nostro workshop a La MaMa di New York, aperto a danzatori e attori stranieri.

Il nostro obiettivo era quello di tuffarsi nella cultura americana, raccogliere più suggestioni possibili dai partecipanti stessi per poi svilupparle e portarle nelle future tappe. Le aspettative sono state ampiamente soddisfatte: abbiamo sviluppato azioni, testi, realizzato riprese video, interviste, abbiamo incontrato nuovi artisti con cui vogliamo proseguire in una collaborazione futura e in pochi giorni abbiamo raccolto notevoli risultati anche i termini di confronto e riflessioni.

 

Dimostrate un’inclinazione al dialogo culturale, Beyond Borders nasce per "superare i confini" e infatti siete stati in grado di coinvolgere nel progetto, inizialmente da remoto, numerosi artisti stranieri nonostante gli sconvolgimenti provocati dalla pandemia. Ci raccontate pregi e difetti di questo modus operandi che ha caratterizzato la vostra produzione teatrale durante il lockdown?

Durante la pandemia abbiamo cominciato a sperimentare un nuovo modo di lavorare, ovvero una collaborazione a distanza che prevedeva la condivisione di pensieri, testi, suggestioni e tematiche che volevamo indagare in quel momento. Il metodo comprendeva anche l’utilizzo del video come strumento per la creazione di azioni performative e l’utilizzo del montaggio per creare video performance che consentissero un confronto tra artisti da diverse parti del mondo.

I pregi di un metodo “a distanza” sono quelli di poter lavorare con artisti di differenti culture grazie alle connessioni via piattaforma, così facendo il dialogo tra noi e gli altri artisti non si è mai fermato.

Se la realizzazione dei video prima della pandemia rappresentava per noi la parte integrante della drammaturgia visiva di uno spettacolo teatrale, successivamente ha iniziato a rappresentare una creazione a sé stante. Questa modalità di lavoro porta con sé anche aspetti che possono rappresentare un limite, il fatto di non mettere in scena uno spettacolo dal vivo ci porta necessariamente ad una interazione a posteriori con il pubblico e non in diretta. Il risultato finale deriva quindi da un lavoro svolto nella fase di editing video, quando si assembla il materiale che ogni artista ha realizzato individualmente nel suo Paese seguendo le indicazioni registiche. Possiamo però dire che gli aspetti positivi di questo modus operandi sono maggiori rispetto a quelli negativi. Abbiamo superato un limite, quello della distanza, della chiusura dei confini, dell’incapacità di spostarsi e di lavorare a stretto contatto.

 

A quali creazioni di quella prima fase siete maggiormente legati?

La creazione a cui siamo più legati è certamente Lockdown Memory, dove il nostro modus operandi entra a far parte dello spettacolo stesso. Volevamo raccontare il momento difficile che attraversavano l’arte e gli artisti e in occasione del quale abbiamo cercato di trovare una soluzione, ovvero una comunità che, dialogando, cercava un nuovo modo di creare. Questo viene espresso nello spettacolo con l’inserimento di video performance e di video di taglio documentaristico in cui si racconta non solo il processo creativo, ma anche la situazione sociale e politica che in diversi Paesi stava condizionando, in quel preciso momento storico, la vita ma anche il lavoro di ognuno di noi.

 

Il vostro rapporto con i device durante la pandemia è in parte raccontato nello spettacolo - conferenza Lockdown Memory. Da artisti come è cambiato il vostro rapporto con la tecnologia negli ultimi anni?

Il rapporto con la tecnologia è stato per noi indispensabile, soprattutto per quanto riguarda video e montaggio per sopperire alla chiusura dei teatri. La creazione ad hoc di opere audiovisive pensate per il web e il suo pubblico è stato uno di passaggi fondamentali del nostro lavoro in fase di pandemia. Abbiamo indirizzato la nostra attenzione verso un pubblico diverso, non più solo quello del teatro. La tecnologia è servita a creare una connessione non solo tra noi e gli altri artisti, ma anche tra noi e il pubblico.

Molti nostri colleghi non hanno accettato l’idea di confrontarsi con la tecnologia nell’ambito performativo. Per noi è stato un passaggio abbastanza semplice anche se avvertivamo la nostalgia del palco, del teatro, del contatto diretto con il pubblico. Ma la sperimentazione passa anche attraverso nuovi linguaggi e la possibilità di raggiungere nuove frange di pubblico.

 

Quando avete potuto tornare a spostarvi, a viaggiare ed esibirvi dal vivo, quando e qual è stato il vostro nuovo debutto? Quali pensieri vi hanno attraversato?

Abbiamo un ricordo molto preciso e nitido del nostro ritorno in scena: era settembre 2020, in occasione del nostro festival PerformAzioni a Bologna. Eravamo in un bellissimo spazio, l’Oratorio San Filippo Neri, una ex chiesa che ha aggiunto un aspetto quasi sacrale a questo rito del teatro e del rinnovato incontro con il pubblico. Abbiamo portato in scena proprio Lockdown Memory, raccontando tutto il processo del lavoro svolto on line con artisti da ogni parte del mondo. Lo spettacolo racconta di un sogno ricorrente durante il periodo del lockdown,  il sogno di tornare in scena  e che svaniva sul più bello. Per noi quell’entrata in scena alla fine c’è stata, è stato emozionante non solo poterla condividere con il pubblico, raccoglierne gli applausi, ma raccontare di un processo di lavoro condiviso che sta tuttora proseguendo.

 

In India avete lavorato alla realizzazione dello spettacolo dal vivo Dante Beyond Borders che ha visto la partecipazione di artisti indiani e che verrà presentato anche in Italia. Da quali ispirazioni e da quale confronto nasce un'opera come questa?

Dante Beyond Borders nasce da un processo di lavoro molto lungo. Parte tutto da un lavoro a distanza, durato quasi un anno, con la danzatrice classica indiana Anuradha Venkataraman. La nostra collaborazione è iniziata da subito, con un confronto continuo durante il primo lockdown. Lei è stata tra gli artisti che si è dovuta confrontare in maniera forte con questa nuova modalità di lavoro a distanza. Per lei è stato difficile, abituata ad esprimersi dal vivo attraverso la danza classica indiana. Il confronto ha generato però sin da subito una serie di materiali video e di riflessioni su ciò che stava accadendo in India durante la pandemia, come lo spopolamento delle megalopoli, l’esodo che dalle città portava i lavoratori a rientrare, non senza difficoltà, nei propri villaggi nativi, magari a piedi per chilometri e senza la certezza di arrivare vivi. Tutti questi temi di attualità che abbiamo sperimentato con lei durante il lockdown sono poi stati di ispirazione per compiere l’opera dal titolo VideoDante # India, una serie di episodi ispirati alla Divina Commedia e destinati al pubblico del web.

 

Quanto conta l'incontro tra culture diverse e come si concretizza nell'atto creativo?

In questo caso abbiamo esaminato l’opera dantesca attraverso una serie di relazioni tra le nostre radici culturali e quelle della tradizione indiana, trovando addirittura un parallelismo con il Mahābhārata. Da tutti questi elementi è nato infine lo spettacolo dal vivo Dante Beyond Borders, che trae ispirazione dall’opera dantesca, dal Mahābhārata, dalle tradizioni orientali, dall’attualità e dal lavoro fatto precedentemente in video. Mantenere nello spettacolo la parte realizzata in video per noi era importante: simboleggiava quel senso di distacco avvertita durante il lockdown. Questo mondo “altro”, virtuale, in qualche modo veniva anch’esso, simbolicamente, attraversato da Dante.

 

Avete approfondito il ruolo del teatro ai giorni nostri con il forum on line The Circle in Expansion. Come artisti che ruolo e che responsabilità vi riconoscete in un momento storico come quello che stiamo affrontando, quando l'attenzione intorno agli artisti e ai luoghi di cultura sembra affievolirsi?

Abbiamo voluto approfondire il tema del ruolo del teatro ai giorni nostri proprio perché, con la chiusura dei luoghi di spettacolo, non ci sembrava più possibile dargli un ruolo Che senso può avere il teatro oggi? Abbiamo cercato di rispondere a questa domanda anche attraverso il pensiero di filosofi e pensatori da ogni parte del mondo, tra cui Enrico Piergiacomi che ci ha seguito in tutti gli incontri del forum. Questo confronto è stato fondamentale perché ha aperto diverse e nuove prospettive. Ci ha consentito di riscoprire il ruolo del teatro in senso più ampio, inteso non solo come atto creativo ma anche come processo di studio e ricerca, che parte dall’indagine dei temi, dall’ascolto delle problematiche sociali che si generano nel mondo in cui viviamo, le istanze che provengono dalla nostra società vengono così restituite al pubblico attraverso un atto creativo. Ognuno di noi ha sicuramente vacillato in una situazione come quella portata dalla pandemia. Il ruolo dell’artista oggi è importante perché consente di restituire una visione di un mondo in evoluzione. Come artisti non possiamo cambiare il mondo, ma possiamo gettare i semi di un cambiamento in positivo creando delle eutopie, dei luoghi buoni di confronto, delle fucine di pensiero.

 

Tra le recenti tappe di Beyond Borders che avete affrontato, ci raccontate qualcosa che vi ha saputo nuovamente arricchire come artisti?

Tutte le tappe del progetto ci hanno arricchito. Ritornare a lavorare insieme, a condividere un medesimo spazio e un medesimo tempo con artisti in diversi luoghi del mondo è sicuramente un processo lavorativo arricchente e che ci permette di acquisire nuova forza ed energia. Tornare a lavorare a stretto contatto fisico non è una cosa semplice, poiché in questi due anni si sono create, barriere, paure e resistenze. Superare questi nuovi limiti e sbloccando queste nuove energie ci viene però restituito qualcosa di molto forte. Nella tappa in Senegal, ad esempio, è stato bellissimo vedere quanta energia si è creata con gli artisti senegalesi e l’espansione di questa oltre i confini del teatro che, in questo caso, era un luogo all’aperto. Il nostro lavoro, il ritmo dei tamburi e i canti, attirava l’attenzione di tutte le persone lì intorno, bambini e adulti, che entravano così a far parte di questo rito collettivo che è appunto il teatro.

 

Quali sono le prossime tappe di Beyond Borders?

Le prossime tappe vanno verso una conclusione, vogliamo tirare le somme di questi (quasi) primi tre anni del progetto! Sarà un momento in cui tutti gli artisti che hanno partecipato a Beyond Borders potranno riunirsi. Vi sarà una settimana di residenza artistica all’Arboreto Teatro Dimora dal 22 al 29 luglio e, successivamente, al Festival Teatro nel Bicchiere in Maremma coinvolgendo artisti dal Senegal, India e Tunisia con l’intento di unire le diverse culture e discipline intorno al tema del confine. Dal 5 al 17 settembre a Bologna, nell’ambito del nostro festival PerformAzioni, si terrà un simposio conclusivo del progetto della durata di due giorni con ospiti internazionali, tra cui i partner italiani e stranieri di Beyond Borders. Porteremo infine in scena, il 17 settembre a Casalecchio di Reno, lo spettacolo Dante Beyond Borders. 

 

Ringraziamo gli Instabili Vaganti per aver condiviso con noi alcune riflessioni sulla loro esperienza e per le immagini che raccontano alcune delle recenti tappe all’estero del progetto interdisciplinare Beyond Borders.

 

 

 

 

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Ultima modifica il Sabato, 21/05/2022

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.