“La cena delle belve” di Vahè Katchà al Teatro Quirino

«È stato un lavoro meraviglioso, su un testo molto bello, con un adattamento altrettanto bello ed intenso di Vincenzo Cerami. È stata la sua ultima opera prima di lasciarci e per me è stato un grandissimo onore poter lavorare con la sua opera, con le sue parole, con il suo grande talento e la sua grande sensibilità. Anche la compagnia è meravigliosa. Gli attori, oltre che una professionalità ed un’umanità incredibile, hanno un talento straordinario da cui io stessa non ho fatto altro che imparare e lasciarmi ispirare, cercando nello stesso tempo di ispirarli con la mia passione. Spero veramente che il lavoro appassionerà anche il pubblico, perché è uno spettacolo che porta lo spettatore sul palcoscenico; si tratta di una situazione che idealmente potremmo vivere tutti. Una situazione che a quell’epoca avremmo potuto vivere tutti e, anche oggi, è possibile proiettarsi in una situazione simile. È uno spettacolo in cui il pubblico viene invitato a vivere con i personaggi la loro storia, perché una peculiarità della vicenda è nel fatto che si svolge in tempo reale. Quindi il pubblico ha veramente la possibilità di vivere minuto per minuto, istante per istante, gli stessi pensieri, le stesse emozioni, le stesse domande e gli stessi dubbi dei personaggi, di sentirsi come uno di loro. E naturalmente gli interrogativi che istintivamente affiorano sono numerosi ed importanti. Il primo fra tutti è “cosa farei/cosa avrei fatto io al loro posto?”, “cosa farei/cosa avrei fatto io se fossi/se fossi stato lì?”. È una pièce sulla natura umana che forse aiuta anche a sentirsi un po’ meno “in colpa” per i nostri lati oscuri. Perché anche il migliore fra noi può avere un suo lato oscuro e, nello stesso tempo, anche il peggiore di noi può avere un lato più luminoso. Pertanto il mio non è solo un invito a trascorrere una bella serata con noi, ma anche una sfida che lancio a tutti gli spettatori, a tutti coloro i quali/le quali vorranno assistere al nostro spettacolo» (Virginia Acqua)
Italia, 1943. Durante l’occupazione tedesca, un gruppo di amici, per disconnettersi temporaneamente dalle tragedie della guerra, festeggia in allegria il compleanno di uno di loro. La stessa sera, ai piedi della loro palazzina, vengono uccisi due ufficiali tedeschi e, per rappresaglia, la Gestapo decide di prendere due ostaggi per ogni appartamento. Il comandante tedesco dell’operazione riconosce nel proprietario dell’appartamento il libraio dal quale sovente compra delle opere, e, per mantenere un singolare rapporto di cortesia, avverte che passerà dopo a prenderli, lasciando loro la scelta dei due. E qui comincia il bello. Ognuno cercherà di salvare la propria vita e, di fronte alla paura della morte, l’amicizia cade tirando fuori il peggio di ognuno.
Uno spettacolo che guida lo spettatore coinvolgendolo emotivamente fino all’inatteso finale, costretto ad identificarsi ora in uno era in un altro fra i sette personaggi: il libraio e sua moglie che organizzano la cena; il medico che non nasconde il suo interesse per gli invasori tedeschi; un reduce di guerra con sguardo gioioso sulla vita; una giovane vedova tentata dalla Resistenza; un omosessuale cinico ed un affarista collaborazionista. Fino alla domanda fatale che lo spettatore, istintivamente ed inesorabilmente, è portato a porsi: Cosa farei se fossi al loro posto? Il genio di Vahè Katchà (1928-2003) disegna senza alcun compiacimento la natura umana, con un crudo realismo in cui l’ironia non è mai assente.
E, di fronte all’orrore affrontato con derisione, lo spettatore è libero di decider cosa fare: ridere di tali piccoli personaggi, “piangere” o entrambe le cose. Proprio come avveniva anche nell’ottimo film francese del 1964 (Le répas des fauves - titolo italiano: Il pasto delle belve), scritto da Christian-Jacque, Henri Jeanson, Claude Marcy e dallo stesso Vahè Katchà, diretto da Christian-Jacque ed interpretato da France Anglade, Francis Blanche, Antonella Lualdi, Claude Rich, Adolfo Marsillach, Dominique Paturel e Claude Nicot.
La cena delle belve di Vahè Katchà (elaborazione drammaturgica: Julien Sibre; versione italiana: Vincenzo Cerami; regia: Julien Sibre, Virginia Acqua; scene: Carlo De Marino; costumi: Francesca Brunori; disegno luci: Giuseppe Filipponio; direzione tecnica: Stefano Orsini; interpreti: Marianella Bargilli, Francesco Bonomo, Maurizio Donadoni, Ralph Palka, Gianluca Ramazzotti, Ruben Rigillo, Emanuele Salce, Silvia Siravo; produzione: Gianluca Ramazzotti per Ginevra Media Production, Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano in collaborazione con Festival di Borgio Verezzi), già portata in scena a Borgio Verezzi (SV) nell’agosto 2017, a Bagnacavallo (RA) - Teatro Goldoni -, a Udine (Teatro Nuovo Giovanni da Udine), a Seregno (MB) - Teatro San Rocco -, a Cesano Boscone (MI) - Cinema Teatro Cristallo -, a Brugherio (MB) - Cinema Teatro San Giuseppe -, a Lerici (SP) - Cinema Teatro Astoria -, e a Mede (PV) - Teatro Besostri -, rimarrà in scena al Teatro Quirino fino a domenica 3 marzo 2019.
Ultima modifica il Domenica, 25/09/2022
Alessandro Poggiani
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