La vecchia memoria di Giacomo Sette allo Spazio Rossellini

La vecchia memoria di Giacomo Sette allo Spazio Rossellini foto Valeria Tommasulo
Andrà in scena venerdì 18 ottobre 2019 alle ore 21 allo Spazio Rossellini - via della Vasca navale 58 - a Roma nell’ambito della rassegna Lazioinscena la pièce di Giacomo Sette “La Vecchia Memoria”, regia di G. Sette ed interpretata da Gloria Sapio e Maurizio Repetto.

«Si è voluto lavorare nel modo più semplice possibile. Essendo una storia che tratta della “fine” di due grandi attori, (e di una forma “perduta” di teatro e teatralità), si è concentrato tutto il lavoro scenico sull’estro dei due interpreti e sulla loro personale ricerca. Con due sensibilità diverse, ma sintonizzate, Gloria Sapio e Maurizio Repetto hanno cercato le loro identità di personaggi.​ Il gioco è sul teatro, su una prima parte tesa tra clown e commedia e una seconda più scura, dura e diretta» (Giacomo Sette)

Della storica Compagnia D’Origlia Palmi fondata dagli attori Bianca ed Emmanuel nel 1921 - e che finì la sua carriera nel piccolo teatro di Borgo Santo Spirito al Vaticano dove trascinò sé stessa e quel che rimaneva di un passato glorioso - non resta che il bagliore di un ricordo. Eppure Bianca ed Emanuel ebbero un ruolo fondamentale nello sviluppo delle avanguardie romane che si nutrirono della loro recitazione di altri tempi e del loro trovaroba polveroso. In questo lavoro, la dimensione artistica di D’Origlia Palmi e la loro fede profonda nel teatro come unico possibile orizzonte dell’esistenza, assumono valenza metafisica. La “fine” dei due grandi attori simbolo di una forma “perduta” di teatro e teatralità è tutta giocata sull’estro dei due interpreti attuali, sulla loro personale ricerca e sulla rivisitazione del sogno ad opera di un giovane promettente drammaturgo.

Bianca ed Emmanuel sono stati il punto di partenza del nostro studio, ambientato nel 1969: anno della morte proprio di Bruno Emmanuel Palmi. In questo lavoro ci siamo voluti discostare da una visione documentaristica e storicistica dei due personaggi, per approcciarli con uno sguardo più “comunitario”, usando la lente della “fine”.

Abbiamo immaginato i nostri due protagonisti persi in un paesino pieno di nebbia, alla ricerca del teatro parrocchiale nel quale dovranno esibirsi in un recital sui loro cavalli di battaglia. La nebbia e il paese si riveleranno essere dimensioni metafisiche, realtà mistiche, dense di presagi, dove i due potranno vedere una rappresentazione mitica dell’imminente morte di Emmanuel ed avvicinarsi ad una favolistica origine del mondo, molto simile alla loro storia d’amore. I due infatti, oltre che compagni di scena e direttori di compagnia, sono una coppia inseparabile da quarant’anni. Ed è proprio davanti ad un paradiso naïve, estremamente ingenuo, popolato da angeli e putti simili ai personaggi di una rivista, che i due daranno fondo a tutte le loro dinamiche, ai giochi che li rendono compagni di vita e al conflitto che sembra minacciare la loro unità. Infatti, davanti alla visione di una fine probabile, con l’avanzare dell’età e delle delusioni, vedendo morire la loro idea di teatro e ridursi sempre più la loro vita, i due reagiscono in due modi diametralmente opposti: Emmanuel si arrende, sognando di volare in un Paradiso accogliente, sereno e imperturbabile, Bianca si oppone, continuando a lottare.

Questo conflitto, sottile e sotteso per tutto il primo atto, esplode nel secondo. Siamo sul palco del loro teatro e scopriamo che tutto ciò che abbiamo visto finora altri non è che una messa in prova dell’ultimo testo di Emmanuel. Un testo onirico, d’avanguardia, con cui il capocomico sogna di dare l’addio alle scene e, forse, alla vita. Intuendo questa verità Bianca si ribella, cercando in tutti i modi di dimostrare al compagno di una vita quanto ancora ci sia da fare, si possa dare, quanto grande sia stata la loro vita e quanto unico e profondo il loro legame. Discutendo del testo i due dialettizzano il loro rapporto e quella simbiosi che impedisce a lui di “andare” del tutto e a lei di “restare” del tutto. Ma poi, profetizzando un Giudizio Universale laico, salvifico, egualitario e trionfante, troveranno la loro dimensione. Ognuno il giusto finale per la sua personalissima storia.

Fondata dagli attori Bianca D’Origlia ed Emmanuel Palmi nel 1921, la Compagnia fu attiva soprattutto nelle colonie italiane durante il ventennio fascista e si fece innovatrice presentando oltre al repertorio tradizionale dell’epoca, dei “kolossal al technicolor” di carattere sacro. Il loro spettacolo più noto è il Christus, un dramma a quadri che racconta la storia di Gesù Cristo ricorrendo ad effetti speciali, quali, per esempio, le luci colorate. Dopo il crollo del fascismo la Compagnia fu emarginata dalla maggior parte dei teatri italiani, soprattutto per il carattere “antico” delle sue rappresentazioni. Fiera conservatrice dello stile del Grande Attore, la Compagnia trovò riconoscimento solo presso il Vaticano che le affidò un teatro a Borgo Santo Spirito, (Roma). Dagli anni ’60 agli ’80 la compagnia si distinse soprattutto per le rappresentazioni kitsch sulle sante e per la recitazione passatista. Nei ’60, in particolare, fu al centro della vita mondana di Roma. I suoi spettacoli erano frequentati da un pubblico di intellettuali, ricercatori, avanguardisti oltre che di suore, bambini, preti e borghesi cattolici. Vittima di derisione e marginalizzazione, ridotta ormai ad essere una compagnia semiprofessionistica, la D’Origlia-Palmi ispirò molti artisti della scena formatisi all’epoca, tra cui Carmelo Bene e Paolo Poli, assidui frequentatori dei loro eventi.

 

Prima parte

Gli attori recitano una parte, una commedia, per la prima mezz’ora. Il nucleo caldo di questa costruzione è tutto nell’ingenuità, pura e sfacciata, di un certo teatro, ormai perduto, declassato dalle avanguardie, rifiutato dal contemporaneo e relegato a realtà di second’ordine. Un’ingenuità piena di pathos, di emotività e di “fede” nella “religione del teatro”, nel gioco laico dell’illusione, della sensazione, della finzione. A teatro ci si maschera, si interpreta, si finge. Questa è l’immagine più chiara che abbiamo del mestiere della scena e questo portano Sapio e Repetto nella prima parte di questo spettacolo: l’innocenza dell’attore che si esibisce. Unico ausilio i costumi pensati e ricostruiti proprio sui personaggi e un’epoca che si avvicini agli anni ’60, un cambio di cappelli e due cubi creati per un altro spettacolo, (era uso delle compagnie all’antica italiana utilizzare gli oggetti di repertorio in spettacoli diversi, anche ambientati in epoche distanti, così un trono seicentesco poteva ritrovarsi nella Tebe di Edipo e nessuno si lamentava). Per mezzora, per tutto il primo atto, il nostro scopo è divertirci ripristinando tutte quelle cose che fanno la magia del teatro: la caratterizzazione del personaggio, l’immaginazione degli ambienti, gags e rotture “classiche” della quarta parete, in un vortice teso tra vaudeville, commedia brillante, clownerie, grottesco, qui e lì minacciato da lacerazioni drammatiche, ma mai realmente incrinato nella sua naturale, intima e pura ingenuità.

Ci siamo riscoperti impermeabili alle innovazioni del linguaggio scenico, alla contemporaneità, ricorrendo a quello che può accadere dando agli attori un tema, delle battute e facendoli andare. Emblema di questo percorso, oltre alla recitazione, è “l’immagine”. I personaggi sono immersi in una realtà profondamente onirica e dettagliata, di cui raccontano vividamente le immagini più suggestive. Intorno a loro angeli, lampi, divinità, fantasmi, tempeste, ma a noi non è dato vedere niente: né con gli occhi, né con altri sensi. Non ci sono effetti sonori, né invenzioni registiche. Tutto è veicolato dal racconto dei due protagonisti e dalle loro reazioni. Come accadeva nei teatri degli anni ’20 le cose più singolari e inspiegabili avvengono fuori dalla scena, dietro le quinte o in platea, e gli unici sbigottiti testimoni sono i volti degli attori e i loro corpi, squassati da espressioni e movimenti coraggiosamente chiari. In questo mondo tutto è amplificato, la sorpresa è sorpresa e il dolore, senza ombra di dubbio, dolore. Non ci sono sfumature, complessità eccessive. È il teatro della grande illusione. Unici appigli al nostro tempo e alla nostra sensibilità estetica sembrano essere il linguaggio drammaturgico, (una parola realistica e atemporale battuta su ritmi di commedia d’altri tempi) e la musica, (le chitarre piangenti di Andrea Cauduro, e qui e lì la batteria rarefatta di Fabio Marianelli, il tutto condito di trombe, corni e cori atonali e graffianti), ma queste “modernità”, lasciano i personaggi del tutto indifferenti.

 

Seconda parte

Qui i due “escono” dai personaggi e diventano persone. Sapio e Repetto mescolano sé stessi ai D’Origlia-Palmi. La gerarchia dell’età salta, il “gioco” del teatro, anche. La scena diviene realistica, il dialogo scarno, diretto, i caratteri meno netti, più reali. Il dialogo si sposta sui sottotesti della prima parte e il conflitto, tutto psicologico, si manifesta. È uno scontro senza esclusione di colpi, ma sostenuto da una fortissima tenerezza, su “come sono andate le cose e su come sarebbe potuto essere”. Dal punto di vista scenico i segni teatrali sono ridotti al minimo, tutto è relazione, confronto, conflitto. Nel finale si recupera la dimensione originaria della prima parte, attraverso un’estasi che porta i due personaggi ad un livello squisitamente lirico, alla ricerca di quel “sublime” che caratterizzava la forma della tragedia a cavallo tra ottocento e novecento e che i D’Origlia-Palmi conservarono nel kitsch sacro, spostandolo però su un piano laico e psichico. Qui, prima di quello che noi chiamiamo il “finalissimo”, e cioè l’addio tra i due, il teatro trionfa sulla vita, imponendosi per semplicità e impatto emotivo, rafforzando e arricchendo la realtà.

Dopo importanti lavori di ristrutturazione, la Regione Lazio restituisce alla città lo Spazio Rossellini, all’interno dell’Istituto Cine-Tv Roberto Rossellini, dando, grazie all’ATCL, nuova forma e destinazione agli studi in cui ha girato il grande regista.

Lo Spazio nasce con una vocazione per lo spettacolo dal vivo, l’alta formazione e la promozione degli artisti del territorio regionale. Spazio Rossellini promuoverà diverse tipologie di interventi che riguarderanno il teatro - nelle sue diverse declinazioni e sfaccettature - la danza, la musica, il cinema, dando spazio a realtà che affrontano con mezzi differenti la pluralità dei linguaggi dello spettacolo dal vivo. Sarà uno spazio da abitare e attivare, da pensare in chiave formativa, un luogo accogliente per le compagnie sostenute in periodi di residenza: in sintesi un polo dedicato alla creatività. Un’importante occasione per “creare una rete” che coinvolga le Istituzioni a livello locale e nazionale, le università e i centri di formazione, le produzioni artistiche, le associazioni culturali e sociali che operano nel settore della cultura e dello spettacolo da vivo. Il coordinamento artistico progettuale è di Katia Caselli.

 

Gloria Sapio è attrice, autrice e regista. Si diploma alla Scuola di Teatro di Bologna diretta da Alessandra Galante Garrone. Studia, tra gli altri, con Pierre Bilan, Vittorio Franceschi, Giovanni Pampiglione, Francesco Macedonio. Lavora in teatro, televisione e cinema con numerosi registi tra cui Alessandro Berdini (con Albergo Occidentale, segnalata ai premi UBU come migliore attrice nuova nel 1987) Patrick Rossi Gastaldi, Marco Lucchesi, Giancarlo Sepe, Riccardo Reim, Francesco Macedonio, Phyllys Nagy, Ida Bassignano, Marco Mattolini, Giorgio Pressburger, Adriana Martino, Carlo Vanzina, Cinzia Th Torrini, Laura Muscardin, Fausto Paravidino.  E’ presente, con ruoli protagonisti, in diversi festival: Todi Festival, Spoleto Festival, Festival delle Nazioni di Città di Castello, Mittelfest di Cividale del Friuli, Festival Benevento Città Teatro, I Quartieri dell’Arte. Come autrice e regista scrive e dirige, tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila, una serie di spettacoli in duo con Paola Sambo e con la collaborazione musicale di Slivestro Pontani: (Un bacio a mezzanotte, La radio a galena, Cosettina, Uno spicchio di luna, Piccole donne, Il piano ha bevuto, Barblù, Sotto il nostro cielo) per i quali ottiene più volte segnalazioni ai Premi UBU.  Come docente, ha insegnato alla Scuola di Perla Peragallo a Roma, a Gorizia per Artisti Associati, all’Accademia del Teatro dell’Orologio di Roma e ha organizzato laboratori per la Regione Lazio, la Provincia di Roma, il Circuito Regionale (A.T.C.L.). Ha inoltre collaborato con il programma Amici di Maria De Filippi come membro della commissione didattica per gli esami di ammissione alla trasmissione televisiva. Dal 2006 a oggi, con l’Associazione Settimo Cielo, di cui è presidente e co-direttore artistico, ha ideato e condotto diversi progetti culturali sul territorio della Valle dell’Aniene. Dal 2010 al 2016 l’Associazione è titolare di Officina E.S.T. – Officina Culturale della Regione Lazio. Da queste esperienze in residenza sono nate le drammaturgie di La strada bianca, Areò, InnESTi, …E i giganti vennero dalla montagna e Pasquarosa – studio per una pittrice che vince, nel 2014, il Premio Il Paese delle Donne – Donne e Poesia come miglior testo teatrale a tematica femminile. I testi sono stati pubblicati dalla casa editrice Studio 12. Nel 2013 è direttrice artistica di Contemporanea Aniene Pop Festival, Festival Internazionale di Teatro Popolare Contemporaneo alla Rocca di Subiaco. All’interno della manifestazione Estate Romana, collabora con l’Associazione Percorsi Accidentali, alla rassegna multidisciplinare Sguardi Oltre. Dal 2015 e per il biennio 16/17, è direttrice artistica della Residenza Artistica Settimo Cielo/Teatro di Arsoli riconosciuta da Regione Lazio e MiBACT e per il triennio 2018/20 è co-direttrice di Periferie Artistiche – Centro di Residenza Multidisciplinare della Regione Lazio.

 

Maurizio Repetto è attore, autore e regista. Inizia giovanissimo a formarsi al Teatro La Contrada di Trieste dove studia con i registi Francesco Macedonio e Mario Licalsi. Entra a fare parte stabilmente della Compagnia e lavora in quasi tutte le sue produzioni. Nel 2004 è protagonista, nel ruolo di Kezich giovane, de I ragazzi di Trieste, di Tullio Kezich, regia di Francesco Macedonio, completando la partecipazione alla trilogia sulla memoria firmata dall’autore. Lavora con diversi registi (tra cui Tonino Pulci, Bigas Luna, Marco Mattolini, Giorgio Pressburger) in teatro, cinema e televisione, in serie di successo (Carabinieri, Un caso di coscienza). Per RAI Radio3  è interprete di numerosi sceneggiati radiofonici. Si trasferisce a Roma nel 2005 come membro e poi direttore artistico della Compagnia Settimo Cielo. Nel 2006, con Medaniene Giovani, attività ideata e condotta insieme a Gloria Sapio e realizzata in collaborazione con A.T.C.L. (Circuito Regionale) e il sostegno della Regione Lazio, si delinea una progettualità in decentramento che porterà la Compagnia ad essere Officina Culturale della Regione Lazio (2010>2016) e poi Residenza Artistica Nazionale nel triennio 2015/17. Nel 2011 fonda l’associazione Percorsi Accidentali, di cui è presidente e che, dal 2012, organizza, nell’ambito dell’Estate Romana, con il sostegno di Roma Capitale, una rassegna di arte multidisciplinare (Sguardi Oltre). Dal 2014 è direttore del Teatro Comunale La Fenice di Arsoli (RM). All’interno dei progetti conduce laboratori di teatro e lettura espressiva per adulti e bambini. Nel triplice ruolo di attore, autore e regista è presente nelle più recenti produzioni di Settimo Cielo (Pasquarosa, Il sogno di Henry, Mozart MC HI ENERGY, Radio Maigret, L’ultima volta che ho visto Parigi).

 

Giacomo Sette (Roma, 1989) si avvicina al teatro professionale grazie all’incontro con l’attrice Valentina Gristina. Lavora negli anni ricoprendo diversi ruoli: aiuto regia, tecnico, attore, collaborando, tra gli altri, con Simone Amendola per “Passeggeri” (2014) e con Enrico Roccaforte e Clara Gebbia per “Paranza – Il Miracolo” (2015). Negli anni ha avuto modo di lavorare nelle realtà più svariate: dal Teatro Biondo di Palermo, a Regina Coeli, dal Castrum Pharae al “Festival della Resilienza” di Macomer, dalle Officine EST a molte identità dell’off romano. Segue da anni una sua ricerca drammaturgica e registica che sfocia nella recente fondazione della compagnia teatrale “Anonima Sette”, con cui realizza “B/RIDE” insieme a Martina Giusti - spettacolo vincitore del Premio della Critica al Festival DIRECTION UNDER 30 del Teatro Sociale Gualtieri, luglio 2017; “Arkady” diretto da Azzurra Lochi, “Ophelìa” diretta da Gianluca Merolli e prodotto da H501, in scena per la stagione 2016/2017 dell’Orologio di Roma al Teatro India di Roma,  “Il Peccato” con Sarah Nicolucci, prodotto dal Teatro Studio Uno di Roma e “Il Pianeta”, coprodotto da Blue Desk, in scena in apertura della stagione 2018/2019 di Carrozzerie NOT, Roma e, nella seconda versione, coprodotta da Leonardo Poggiali, “ri-debutta” presso la Rassegna Over di Argot Produzioni, (Teatro Argot Studio, Maggio 2019).  Porta avanti da anni anche la formazione per non “addetti ai lavori” attraverso laboratori teatrali e di scrittura creativa nelle periferie romane e in collaborazione con il Circolo Dipendenti Quirinale.  La ricerca di Giacomo Sette e dell’Anonima Sette è essenzialmente legata alla parola, alla sua potenza e alle sue possibilità visive e comunitarie.  La formazione di Giacomo Sette è tutta prettamente “pratica”, dai 17 anni, con una compagnia semi-professionistica romana, si è mosso su palchi dall’Italia all’Ungheria come tecnico, aiuto scenografo, direttore di scena, dramaturgo, lasciando tutto per “vivere di teatro”, lavorandoci dentro ventiquattr’ore su ventiquattro.

 

Settimo Cielo è un organismo nato dalla volontà di indipendenza creativa di un gruppo eterogeneo di artisti e operatori del settore. Il nucleo originale si rinnova con l'ingresso di giovani elementi ma l'associazione mantiene come caratteristica lo sviluppo di produzioni o strutture progettuali caleidoscopiche in cui le diverse discipline, ruotando attorno al tema principale, ne restituiscono un'immagine approfondita, capace di coinvolgere diverse fasce di pubblico proprio perché multiformi e pluridisciplinari. Dopo essersi occupata di produzione, programmazione di stagioni teatrali, mostre e convegni, dal 2006, Settimo Cielo, con il progetto Medaniene Giovani – a oriente di Roma, realizzato con il contributo dell'Assessorato alla Cultura della Regione Lazio e in collaborazione con l'Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio (A.T.C.L.) e l'Unione dei Comuni del Medaniene, inizia un percorso sperimentale in decentramento, finalizzato alla diffusione della cultura dello spettacolo dal vivo, che porterà al un radicamento dell’Associazione nel territorio a est della Capitale.La continuità e la comunione con i luoghi, si riflettono sulla ricerca artistica e la poetica del gruppo, nascono gli spettacoli La strada bianca, Areò e InnESTi, nati da laboratori di scrittura e di arte scenica condotti con gli abitanti della Valle dell’Aniene. Nel 2010 il progetto Officina E.S.T. –Esperimenti Sul Territorio, esteso sulla Valle dell’Aniene, vince il bando regionale per Officine Culturali. Nel 2013, Contemporanea Aniene Pop Festival (Medaniene Giovani), con contributo regionale, internazionalizza il progetto originale, individuando anche un genere particolare di teatro contemporaneo definito “popolare” proprio perché contiene elementi di tradizione rivisitati attraverso il filtro della sensibilità e dei linguaggi attuali. Settimo Cielo è titolare di Officina E.S.T. 2.0 – Officina Culturale della Regione Lazio per il biennio 2014/16. Nel triennio 2015/17 Settimo Cielo si qualifica tramite bando prima Residenza Artistica del Lazio all’interno del progetto Residenze Artistiche Nazionali (DM 45) realizzate con il sostegno di MiBACT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) con sede al Teatro Comunale La Fenice di Arsoli che l’Associazione gestisce in forma esclusiva dal 2014. Nel 2017 con la produzione di Teatro Ragazzi Mozart MC HI ENERGY vince il Bando per Nuove Produzioni della Regione Lazio.Settimo Cielo collabora con l’Associazione Percorsi Accidentali per il triennio 2017/19 al Progetto Sguardi Oltre vincitore nel IV Municipio del Bando Estate Romana.Per il triennio 2018/2020 Settimo Cielo è organismo associato di Periferie Artistiche – Centro di Residenza Multidisciplinare della Regione Lazio che vede l’azione consorziata di quattro elementi: oltre Settimo Cielo, Cie TWAIN, Ondadurto Teatro, Vera Stasi.

 

La Vecchia Memoria di Giacomo Sette (regia: G. Sette; assistente alla regia: Eleonora Penna; interpreti: Gloria Sapio, Maurizio Repetto; musiche e disegno luci: Andrea Cauduro; organizzazione: Rossella Graffeo; foto e video: Valeria Tommasulo; produzione: Settimo Cielo; dedicato a Bea e Renato) sarà in scena allo Spazio Rossellini nell’ambito della rassegna Lazioinscena venerdì 18 ottobre 2019.

 

 

 

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Ultima modifica il Sabato, 24/09/2022

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.

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