“Le Mammelle di Tiresia” di Guillaume Apollinaire al Teatro Trastevere

“Le Mammelle di Tiresia” di Guillaume Apollinaire al Teatro Trastevere
Sarà in scena da martedì 12 marzo 2019 al Teatro Trastevere - via Jacopa de’ Settesoli 3 - a Roma il dramma surrealista di Guillaume Apollinaire “Le Mammelle di Tiresia”, regia di Andrea Martella, ed interpretata da Simona Mazzanti, Flavio Favale, Edoardo La Rosa, Vania Lai, Giorgia Coppi e Walter Montevidoni.

«Per caratterizzare il mio dramma mi sono servito di un neologismo che sono certo mi vorrete perdonare, dato che raramente mi capita di crearne, e ho coniato l’aggettivo surrealista» (Guillaume Apollinaire - dalla Prefazione de Le Mammelle di Tiresia)

A Zanzibar, rappresentazione della Francia d’inizio Novecento, Teresa abbandona il marito, uomo greve e prepotente, per assumere un'identità maschile, lasciando volar via le proprie mammelle. Si chiamerà Tiresia. Il marito, solo e abbandonato, per sobbarcarsi i compiti dovuti al ruolo di moglie e donna - compresa la maternità -, si troverà costretto ad assumere un’identità femminile In un solo giorno metterà al mondo 49.051 bambini. L’uomo diventerà una madre ambiziosa, a tal punto da far innamorare un autoritario e virile gendarme e da attrarre su di sé le attenzioni della stampa.

Dopo aver debuttato, nella scorsa stagione, con Il Cuore a Gas, capolavoro dadaista di Tristan Tzara, hangar duchamp prosegue il suo percorso all’interno delle avanguardie artistiche del Novecento proponendo un classico del teatro surrealista. Le Mammelle di Tiresia di Guillaume Apollinaire può esser addirittura considerato come l’atto iniziale del Surrealismo, dato che lo stesso termine “surrealista” fu un neologismo coniato proprio da Apollinaire per descrivere la sua opera, contraddistinta da un testo ricco di riferimenti e di sorprese linguistiche, fra mitologia ed innovazione.

La regia di Andrea Martella interpreta la narrazione in modo fluido, spingendo sul pedale della comicità e della poeticità ed eleggendo a fil rouge il mondo infantile, così diffusamente presente nel testo originale. I due atti vengono uniti in un unico tempo in cui ogni singola scena viene trattata come una miniperformance a sé stante.

Il risultato finale  uno spettacolo “progressive” (volendo usare un termine musicale) in cui ogni idea ed ogni immagine sostituisce la precedente senza soluzione di continuità, come un quadro onirico pieno di dettagli e che risulta quasi impossibile catturare con un solo sguardo.

L’artista Valerio Giacone realizza per l’occasione un’installazione scenografica site specific con il supporto dellagalleria d’arte FABER, che concede anche la possibilità di una collaborazione conla fotografa ed artistaManuela Giusto per l’immagine di locandina; un dialogo fra arte visiva e teatro che è alla base della ricerca di questa compagnia teatrale. Il sound engineer Attila Monalavora invece ad alcune tracce di ambientazione sonora che, nella loro ossessiva presenza, rappresentano quasi un altro personaggio in costante commento all’azione scenica.

I costumi di Anthony Rosa, a cavallo fra infanzia ed immaginario bohémienne, liberano i personaggi dal giogo delle azioni ripetute e coinvolgenti, portandoli in un mondo “razionalmente immaginario”. Si rinnova anche la collaborazione di hangar duchamp con Pietro Frascaro, per undisegno luci che, fra inquietudine ed immaterialità,restituisce l’idea del sogno.

Guillaume Apollinaire (Roma, 1880 - Parigi 1918), del quale nel novembre 2018 ricorreva il centenario della scomparsa, figlio di un’aristocratica polacca e di un ufficiale svizzero - che non lo riconobbe mai -, si trasferisce in Francia giovanissimo. Ha una giovinezza instabile, trascorsa fra vaste letture e numerosi viaggi, ma con studi non regolari. A Parigi conosce e frequenta artisti d'avanguardia, fra i quali i poeti Giuseppe Ungaretti (1888-1970) e Max Jacob (1876-1944) ed il pittore Pablo Picasso (1881-1973). Partecipa alle discussioni sul cubismo - all’epoca agli albori - e scrive un saggio (1913) su tale scuola artistica. Nel 1914, allo scoppio della Prima guerra mondiale, si arruola volontario, ma nel ’16 viene ferito alla testa e subisce un delicato intervento chirurgico. L'interesse per il moderno lo porta a sostenere anche il futurismo di Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) e la pittura metafisica di Giorgio de Chirico (1888-1978). Nel 1911 era stato anche sospettato di esser l'autore del furto della Gioconda  dal Museo del Louvre. In seguito a tali sospetti - che avevano riguardato anche Pablo Picasso - era stato arrestato ed incarcerato, salvo poi risultare del tutto estraneo ai fatti ed in seguito rilasciato.

Nel 1910 aveva avviato la sua carriera letteraria (anche se il suo primo libro risale al 1900, seguito, sette anni dopo, dal romanzo libertino Le undicimila verghe) con i sedici racconti fantastici intitolati L'eresiarca & C, mentre l'anno dopo aveva pubblicato le poesie di Bestiario o corteggio di Orfeo (1911) e, nel '13 Alcools, raccolta delle migliori poesie scritte fra il 1898 ed il 1912. Quest'opera rinnoverà profondamente la letteratura francese, avrà un'influenza sulla poesia italiana del Novecento, ed è oggi considerata (insieme a Calligrammes - 1918) come il capolavoro di Apollinaire. 

Per quanto riguarda la prosa, ricordiamo Il poeta assassinato (1916), raccolta di novelle e racconti che si articolano fra l'epico e l'autobiografico, ispirati alle esperienze sul fronte francese della Grande Guerra, e il dramma Les mammelles de Tirésias (Le mammelle di Tiresia, rappresentato per la prima volta nel 1917), nell'introduzione del quale appare per la prima volta la definizione  “dramma surrealista”. Indebolito dall'operazione chirurgica subita due anni avanti, nel 1918 si ammala di congestione polmonare e, all’inizio di novembre dello stesso anno. Verrà trovato in stato d'incoscienza (e forse già morto) il 9 novembre 1918 nel suo attico parigino dall'amico Giuseppe Ungaretti che era venuto a comunicargli la notizia vittoria dell'Intesa e della fine della guerra. Aveva solo trentotto anni.

Le Mammelle di Tiresia di Guillaume Apollinaire (regia: Andrea Martella; produzione: Associazione Culturale Teatro Trastevere in collaborazione con hangar duchamp;  ambienti sonori: Attila Mona; disegno luci: Pietro Frascaro; costumi: Anthony Rosa; installazione scenografica: Valerio Giacone; foto: Manuela Giusto - per gentile concessione della galleria d’arte FABER -; interpreti e personaggi: Simona Mazzanti - Teresa-Tiresia/La Cartomante -, Flavio Favale - suo marito -, Edoardo La Rosa - il Gendarme -, Vania Lai - Il Chiosco/Presto/il Figlio -, Giorgia Coppi - La giornalista parigina/Lacouf/una signora -, Walter Montevidoni - Il Direttore/Il Popolo di Zanzibar) rimarrà in scena al Teatro Trastevere fino a domenica 17 marzo 2019.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ultima modifica il Domenica, 25/09/2022

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.

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