Caro bollette e inflazione, agricoltori e allevatori scendono in piazza

Gli italiani hanno visto così ridotto il loro potere d'acquisto ed ormai più della metà della popolazione dice di tagliare la spesa nel carrello per risparmiare. E gli effetti si fanno sentire su tutta la filiera agroalimentare che questa mattina, partendo alle 9.30 dall'Arco della Pace del Parco Sempione a Milano, è scesa in piazza con Coldiretti per protestare. Per contadini e allevatori la situazione è insostenibile ed è una minaccia per il lavoro, per l'economia e per la sopravvivenza del Made in Italy a tavola a causa dell’esplosione dei costi di produzione avvenuta in seguito alla guerra in Ucraina.
Alla manifestazione, guidata dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini, hanno partecipato giovani agricoltori, allevatori e pastori provenienti dalle diverse regioni, che vedono messo a rischio il proprio futuro, con vanghe, campanacci e balle di fieno, tra flash mob e provocazioni.
E durante la mattinata, il presidente della Coldiretti Ettore Prandini ha comunicato i risultati di un'indagine condotta sul sito dell'associazione.
Secondo questa ricerca, il 18% dei consumatori per effetto dell'inflazione ha dichiarato di aver ridotto la qualità degli acquisti, orientandosi verso prodotti low cost per poter ad arrivare a fine mese, mentre solo il 31% è riuscito a non modificare le abitudini di spesa. Gli italiani vanno dunque a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti.
Ma se i prezzi per le famiglie corrono, l'aumento dei costi colpisce duramente anche l'intera filiera agroalimentare diffusa. Nelle campagne italiane un terzo delle aziende agricole sta lavorando in perdita a causa di rincari dei costi che vanno dal +250% dei concimi al +95% dei mangimi al +110% per il gasolio fino al +500% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti. Il risultato è un aggravio medio di oltre 17mila euro per azienda, mentre crolla il valore aggiunto (-42%). E gli aumenti riguardano l’intera filiera alimentare con il vetro che costa oltre il 50% in più rispetto allo scorso anno, ma si registra un incremento del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica.
“Non c’è tempo da perdere e bisogna intervenire subito perché la drammatica situazione dei costi delle imprese agricole minaccia direttamente la disponibilità di prodotti per le forniture di cibo alle famiglie italiane con uno shock dal punto di vista alimentare, economico e occupazionale a livello nazionale - ha affermato Ettore Prandini -. Come per il gas, anche nell’alimentare l’Italia deve recuperare il tempo perduto e lavorare per ridurre la dipendenza dall’estero intervenendo nell’immediato sui costi energetici per salvare aziende e stalle, per non perdere quegli spazi di autonomia e sovranità alimentare che fino a oggi le imprese agroalimentari italiane sono riuscite a difendere per il bene del Paese. L'Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori. Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione. E occorre investire per aumentare produzione e le rese dei terreni contro i cambiamenti climatici”.
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