Cei: il 6 novembre la Giornata del Ringraziamento su custodia del creato, legalità e agromafie

Partendo dal passo biblico di Amos: “coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto”, la Cei vuole denunciare “le scelte assurde di investire in armi anziché in agricoltura” che “fanno tornare attuale il sogno di Isaia di trasformare le spade in aratri, le lance in falci”.
Si fa riferimento, dunque, all’invasione russa dell’Ucraina, un conflitto nel cuore d’Europa, che vede direttamente coinvolti due dei maggiori produttori mondiali di cereali e fertilizzanti e che, di conseguenza, impatta fortemente sulle produzioni agricole e sulle forniture verso molti Paesi, in particolare quelli africani, con risvolti devastanti anche in termini di sicurezza alimentare.
“In un tempo segnato dalla guerra – si legge nel messaggio della ricorrenza la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace – la mancata produzione di grano affama i popoli e li tiene in scacco”.
La celebrazione di quest’anno, quindi, sarà l’occasione per rilanciare l’attenzione su quelle azioni che hanno conseguenze rilevanti nel mondo agricolo, creando “grandi squilibri economici, sociali e ambientali”. Una parte fondante di queste azioni sono le agromafie, che, radicate in diversi territori, spingono verso l’economia sommersa anche settori e soggetti sani, coinvolgendoli in reti di relazioni corrette. Ma parlare di agromafia “significa anche parlare di pratiche di agricoltura insostenibili dal punto di vista ambientale e di sofisticazione alimentare che mina la tutela dei prodotti cosiddetti ‘dop’, così come uso di terreni agricoli per l’immagazzinamento di rifiuti tossici industriali o urbani”.
“Il riciclaggio di denaro sporco o l’inquinamento dei terreni su cui si sversano sostanze nocive, il fenomeno delle “terre dei fuochi” che evidenziano i danni subìti dagli agricoltori e dall’ambiente, vittime di incendi provocati da mani criminali – si legge nel messaggio della Cei – sono esempi di degrado”. Inoltre, “nelle imprese catturate da dinamiche ingiuste si rafforzano comportamenti che minacciano ad un tempo la qualità del cibo prodotto e i diritti dei lavoratori coinvolti nella produzione”. I vescovi analizzano come “si tratta di strutture di peccato che si infiltrano nella filiera della produzione alimentare: si pensi alle forme di caporalato, che portano a sfruttamento e talvolta alla tratta, le cui vittime sono spesso persone vulnerabili, come i lavoratori e le lavoratrici immigrati o minorenni, costretti a condizioni di lavoro e di vita disumane e senza alcuna tutela”.
Senza legalità e trasparenza, sostengono i vescovi italiani, “non c’è amore per la creazione e tutela della dignità della persona, né amicizia sociale per gli uomini e le donne che la lavorano”.
Tra le associazioni coinvolte nell’iniziative ci sono Coldiretti, Acli Terra e Fai-Cisl, in quanto, come si legge sempre nel messaggio della Cei, “ben venga ogni strumento normativo disponibile per strappare i lavoratori alla precarietà. Sosteniamo la responsabilità degli operatori del mondo agricolo e delle loro associazioni: sono reti di sostegno reciproco per far fronte alla pressione delle agromafie, specie in un tempo in cui le difficoltà legate alla pandemia le rendono più forti”.
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