Cingolani: “siamo in un’economia di guerra”
Sottolinea così il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, durante il suo intervento al festival città impresa a Vicenza tenutosi nei giorni scorsi dal 6 all’8 maggio, l’emergenza energia creata dalla guerra russo-ucraina: la mossa di Putin ha infiammato i prezzi di carburanti e materie prime, minando la ripresa mondiale dopo i lockdown dovuti alla pandemia, che già stava creando pressioni sulle fonti energetiche e le materie prime con conseguente balzo dei prezzi.
Nel frattempo l’Unione europea sta discutendo su un secondo Recovery perché “si sta facendo avanti una questione europea”, ed “in questa economia di guerra alcuni Paesi saranno molto più colpiti da queste scelte energetiche di altri”.
Non fa l’elenco, ma è evidente che l’Italia, vista la nostra dipendenza dalle fonti energetiche estere, a partire dal gas russo, rientra nella prima categoria, quella di chi subirà più danni.
Il nostro Paese purtroppo si è fatto trovare impreparato. Colpa delle scelte sbagliate del passato, decisamente poco pragmatiche. Cingolani, però, lo riconosce: “nel 2001 il 25% del gas era prodotto in Italia, nel 2021 siamo arrivati al 3%. Abbiamo ridotto la produzione – afferma –, ma non è servito a nulla: l’abbiamo sostituito con il gas importato”.
Nessun vantaggio neppure per il clima: “non solo non abbiamo decarbonizzato nulla, ma abbiamo avuto un impatto maggiore sull’ambiente per il trasporto, abbiamo finanziato altri Paesi e abbiamo indebolito le imprese”.
“I punti fondamentali – aggiunge il ministro – sono i prossimi 6-8 mesi. Se dovesse esserci uno stop di fornitura russa ora, in tempi brevi, sarebbe un problema per l’inverno”, perché arriveremmo “all’inverno con gli stoccaggi vuoti”. Un’eventualità che potrebbe anche prescindere dalle decisioni di Bruxelles ed essere scatenata direttamente da Putin. Una decisione che forse non prenderà, in quanto non gli conviene, ma sappiamo benissimo quanto le scelte del Cremlino siano sempre imprevedibili.
Non che i “tour energetici” del governo di questi ultimi mesi a caccia di nuovi fornitori non siano serviti a niente. Anzi “abbiamo garantito 25 miliardi di metri cubi di gas” – ricorda Cingolani –, però “ci vorrà un po’ per far partire queste forniture. Dal 2024 in poi si raggiungerà il valore di regime”.
I tempi stringono ed il governo, per fare il prima possibile, ha pensato all’acquisto di rigassificatori galleggianti da posizionare in mare. Sul tavolo ci sono due opzioni sul dove collocare l’impianto: la parte nord del Tirreno o dell’Adriatico. “L’area di Piombino e quella d Ravenna sono entrambe scelte eleggibili” – afferma il ministro della Transizione ecologica –. “Il nostro obiettivo è da inizio del 2023 piazzare il primo grosso rigassificatore, nel posto che ci consentirà di fare prima, sono solamente questioni tecniche”, spiega.
Al momento l’attenzione è puntata sulle scorte di gas: “stiamo riempendo gli stoccaggi – afferma Cingolani –, l’obiettivo è arrivare al 90% per l’inverno 2022-2023. Questo il punto centrale”,
Non sarà facile. Basti pensare che secondo le ultime rivelazioni, il riempimento degli stoccaggi italiani è al 39% della capacità di riserva complessiva pari a 17 miliardi di metri cubi. Nel 2021 il livello di stoccaggio alla stessa data era all’incirca del 44%. E’ difficile prevedere quando riusciremo ad arrivare al 90% di stoccaggio, perché il ritmo del riempimento varia da giorno a giorno. Ma la quota di gas messa a riserva dovrà iniziare a marcare con ritmi più sostenuti.
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