Ri-leggere Don Milani, a cento anni dalla sua nascita

Una persona che non sa esprimersi e non sa parlare è destinata a restare un suddito. È questo il messaggio chiave ereditato da Don Milani e dall’esperienza radicale della scuola di Barbiana. Lo ricorda con convinzione Rocco Pezzimenti, docente alla Lumsa, mettendo però in guardia dalle tante forzature che hanno tirato per la giacca da una parte o dall’altra questo sacerdote anticonformista, anomalo e in molti ambienti anche cattolici considerato persino un eretico, nonostante mettesse al centro del suo modello pedagogico il vangelo. “Don Milani – spiega Pezzimenti – aveva capito che qualunque sforzo pedagogico era tempo perso senza incidere sui ragazzi e sulle loro famiglie profondamente incolte, indifferenti alla cultura, in un’epoca in cui solo il 15% dei bambini finiva le scuole elementari. Lui aveva capito però che la scuola cambia il destino di un uomo, per questo non si rassegnò mai: purtroppo tante riforme della scuola che si sono succedute non hanno minimamente ascoltato il suo messaggio, che per la prima volta affrontava una ‘gestione sociale della scuola’, sempre mettendo in guardia, però, dalla sostituzione del potere con un altro potere, cioè il marxismo”.
Nel centenario della sua nascita, Don Milani è stato ricordato dalla Cisl al Centro Studi di Firenze con le federazioni Fai, Fim e Scuola a partire dal volume “Lettere ad una professoressa”, del ’67. Opera che non a caso colpì anche Pierpaolo Pasolini: “Non posso che dirne tutto il bene possibile: leggetelo, perché riguarda la scuola ma in realtà riguarda tutta la società italiana e la qualità della vita in Italia”. “Con questo volume – ha scritto l’Associazione Pierre Carniti in occasione della ricorrenza – il mondo dell’educazione spalancò la mente sul valore incommensurabile della conoscenza, per far uscire dalla miseria e dalla subordinazione milioni di bambini e di povera gente”.
Nato a Firenze il 27 maggio 1923, Don Lorenzo Milani fu ispirato dall’opera di Don Primo Mazzolari e dal suo schierarsi per una Chiesa degli ultimi. Ebbe vita non facile, fin da quando, nel 1951, prese posizione a favore della liberà di voto, scelta non gradita alla Chiesa di allora. Ma la sua figura anticonformista fu scomoda anche per tanti intellettuali filo comunisti e altrettanto per tutti quegli industriali, parecchi, che ancora nel dopoguerra conservavano una visione ereditata dal Fascismo, con tanto di giustificazione del lavoro minorile e dello sfruttamento. Il motto che lo più lo rappresenta, “I care”, è una chiara antitesi e negazione del “me ne frego” fascista, coniato dallo stesso Mussolini.
“Più che attuale – ha detto Pezzimenti all’incontro, moderato da Vincenzo Conso, Presidente della Fondazione Fai-Cisl Studi e Ricerche – la sua figura è profetica perché aveva capito che la prima fonte di povertà di un essere umano è la sua ignoranza, dunque l’istruzione è l’unica via per elevare le persone a uscire dal disagio e competere con chi le opprime. Tuttavia il suo approccio non si limita alla visione terrena e umanitaria delle cose, partiva piuttosto da principi di giustizia e carità per giungere a un messaggio di salvezza, con un Cristianesimo che non era quello che incontrava in chi praticava la religione solo per pura ritualità”.
Impossibile in questo senso non cogliere in Don Milani un carisma ispiratore per il sindacalismo autonomo, riformista, democratico. Pezzimenti ha citato anche in proposito una sua esplicita affermazione: “Leggete i documenti della Cisl se volete veramente sapere le relazioni tra imprenditori e lavoratori e se volete conoscere le relazioni umane”.
Per Onofrio Rota, Segretario generale della Fai-Cisl, “esiste un rapporto molto forte tra le idee che noi viviamo ogni giorno, ereditate da Giulio Pastore, e il messaggio di Don Milani: il primo parlava di emancipazione sociale della persona attraverso il lavoro e la formazione, il secondo parlava di riscatto sociale tramite il diritto all’educazione”, ha detto il sindacalista all’incontro ricordando le campagne del sindacato per la valorizzazione del lavoro agroalimentare e per l’inclusione dei tanti immigrati protagonisti nel settore eppure spesso sfruttati ed emarginati.
Riflessione condivisa dal leader dei fimmini Roberto Benaglia, che ha ricordato Don Milani come stimolo a “interrogarci oggi sulla povertà educativa che colpisce il lavoro”, sottolineando come “il sindacato stesso e la Cisl in particolare devono farsi educatori, anche se oggi è più facile il sindacato della convenienza e dell’utilità, che però non esercita una rappresentanza della coscienza collettiva”.
All’incontro sono intervenuti anche Francesco Scrima, direttore del Centro Studi, Francesco Lauria, curatore del volume “Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana”, Agostino Burberi, Presidente della Fondazione don Lorenzo Milani e Ivana Barbacci, Segretaria generale della Cisl Scuola, che ha sottolineato “il connubio esistente tra il senso del fare scuola e del fare sindacato in quanto farsi carico delle persone: studenti, bambini, lavoratori, emarginati da accogliere, ascoltare, rappresentare, una sfida tanto più difficile oggi con l’assenza di quegli spazi relazionali che una volta erano i partiti o le parrocchie”.
Di nuove generazioni ha parlato anche Giorgio Graziani, Segretario confederale Cisl: “I ragazzi vengono elogiati soltanto quando si mobilitano – ha detto il sindacalista ricordando il contributo di tanti volontari in queste settimane tra gli alluvionati dell’Emilia Romagna – ma dovremmo smettere di giudicarli perché vanno evidentemente messi in condizione di esprimere le proprie capacità e sensibilità, operazione che fece Don Milani con la scuola di Barbiana, lanciando un grande messaggio di libertà, di autonomia e di fede”. Graziani ha ricordato quando Papa Francesco, nel 2017, rese omaggio alla tomba del sacerdote e ai luoghi della scuola di Barbiana e incontrò la Cisl sottolineando il bisogno di un sindacato capace di stare soprattutto nelle periferie: “Un messaggio forte che ci ha fatto apprezzare ancora di più la figura di Don Lorenzo e la sua capacità di dare voce agli ultimi. Anche il tema della partecipazione, che oggi stiamo rilanciando con la proposta legislativa per la democrazia economica – ha aggiunto il sindacalista – va in questa direzione: bisogna stare dentro l’impresa e costruire percorsi di emancipazione delle persone attraverso il lavoro”.
Oggi la Cisl presenzierà anche la commemorazione a Barbiana di Don Milani alla presenza del Capo dello Stato, con una marcia da Vicchio a Barbiana dove si terrà la celebrazione della messa da parte del Presidente della CEI, Cardinal Matteo Zuppi e dell’Arcivescovo di Firenze, Cardinal Giuseppe Betori.
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